Quei giovani che “giocano” a fare i terroristi

Il grave fatto accaduto all’Istituto Istruzione Superiore «Antonio Meucci» di Carpi, in provincia di Modena, pochi giorni prima dell’arrivo del Presidente della Repubblica, non può mai rientrare tra la categoria delle “ragazzate” e né va nemmeno minimizzato. Siamo di fronte a una vera azione violenta di una gravità inaudita, mutuata dai recenti gravi episodi terroristici che hanno visto camion lanciati contro la gente inerme, come quello recentemente accaduto a Stoccolma finito di schiantarsi contro l’entrata di un supermercato. E’ successo che alcuni ragazzi minorenni tra i 16 e 17 anni, immigrati di seconda generazione, due dei quali studenti dell’Istituto, a volto coperto, in una notte di follia, hanno deciso di entrare, dopo aver scassinato un cancello di accesso, in un deposito di mezzi pubblici, rubare alcuni minibus e dopo una scorribanda all’interno del deposito con danneggiamento di alcuni mezzi, percorrere, zigzagando le strade periferiche della città. Due dei cinque minibus vengono lanciati a tutta velocità contro l’ingresso dell’Istituto “Meucci”, provocando gravissimi danni. Se i ragazzi ne escono indenni i danni arrecati sono, invece, ingenti. Risultato? Condizioni di sicurezza compromesse e lezioni sospese per qualche giorno giusto il tempo per consentire alla Provincia di emanare un provvedimento urgente, dai pesanti impegni finanziari, per ripristinare gli ambienti compromessi, presupposto indispensabile per consentire la ripresa delle lezioni dopo il ponte del 25 aprile. Fin qui, in sintesi, l’accaduto che lascia tutti sgomenti non fosse altro che per la giovanissima età dei ragazzi coinvolti, peraltro già identificati e affidati al Tribunale dei minori di Bologna. I capi d’accusa nei loro confronti sono pesanti: furto, danneggiamento aggravato, guida senza patente, interruzione di pubblico servizio. La loro giovane età consiglia un’adeguata riflessione per andare oltre la cronaca e cercare di dare una spiegazione a un episodio dagli aspetti inquietanti e chiederci perché mai dei ragazzi in erba, decidono di trasformarsi in esecutori materiali di atti gravissimi. Ora si parlerà di disagio giovanile, di società distratta, di senso civico compromesso, di ragazzi annoiati. Personalmente sono dell’avviso che questo è un tentativo di emulazione degli atti terroristici a cui stiamo rispondendo con rassegnazione. Sono minorenni, che sia pur privati della loro età, dovrebbero essere consapevoli delle proprie azioni; che si credono già adulti in grado di gestire situazioni a rischio pur nella consapevolezza di essere pericolosi per se stessi e per gli altri. Perché parlo di consapevolezza? Perché simili azioni, che ripeto non sono bravate, richiedono lucidità e programmazione, perché entrare in un deposito di mezzi pubblici alle quattro del mattino, rubare alcuni minibus, danneggiarli con manovre da autoscontro e lanciare due di essi, dopo una folle corsa per le vie della città, a testa d’ariete contro l’ingresso di una scuola, ebbene tutto questo non può essere frutto di una stupida bravata. E’ qualcosa di più. E’ un atto emulativo dei più biechi che di questi tempi possa essere perpetrato, che per fortuna non ha causato vittime per l’ora in cui è avvenuto. Una domanda è lecita. Ma dov’erano i genitori? Possibile che non si siano accorti che alle quattro del mattino i loro figli non erano ancora rientrati in casa? E chi coprirà la spesa dei 700 mila euro preventivata per riparare i danni arrecati alla collettività? Certamente la minore età di tutti i ragazzi responsabili del disastro impone di trovare una soluzione diversa. Ma una soluzione che coinvolga la responsabilità di qualcuno va trovata. Bisogna smetterla con un eccesso di buonismo se per buonismo intendiamo un atteggiamento troppo incline alla comprensione. Cosa c’è mai da comprendere su quanto accaduto a Carpi se non la calcolata volontà di distruggere un simbolo istituzionale come la scuola con l’aggravante di aver scritto con lo spray sul muro dell’entrata un messaggio dal significato sibillino: “Torneremo”. Questi ragazzi stanno giocando a fare i terroristi per noia perché è quello che già fanno con i videogiochi dove guerrieri invincibili affrontano pericoli, superano ostacoli, abbattono nemici, distruggono e fanno saltare per aria fortificazioni fino a consolidare la loro potenza che porta fama e ventura. La spiegazione di tutto questo è la confusione che molti ragazzi si costruiscono tra il reale e il virtuale simile a un virus che banalizza tutto e tutto riduce a proprio uso e consumo.C’è un grave scollamento con la realtà fisica che, senza rendercene conto, sta generando un mutamento antropologico responsabile di una nuova visione della vita nel suo stesso aspetto etico, sociale, economico e relazionale. Senza saperlo lo hanno fatto anche questi ragazzi, filmando con lo smartphone la loro folle azione che parte dall’interno del deposito fino all’assalto della scuola e inserire le immagini in una loro chat, finita in un social network, per dimostrare il valore dell’impresa appena compiuta. Come possiamo essere comprensivi verso questi ragazzi che hanno fatto del gioco virtuale l’occasione emulativa per dimostrare agli adulti di cosa si è capaci nonostante la giovane età. Attraverso una realtà virtuale hanno ricreato una realtà fisica senza leggi, senza regole, senza morale, ritrovandosi nella consapevolezza di fare un’esperienza eccitante, diversa dalla monotona esperienza di vita. A parlare di loro, del loro coraggio, della loro impresa ora ci penseranno i media. Giornali, servizi on-line e televisioni locali, infatti, stanno dedicando colonne d’inchiostro e servizi televisivi all’impresa di questi baldi giovani, moderni condottieri dell’epoca tecnologica. Come Erostato, desideroso di rimanere nel ricordo dei suoi concittadini di Efeso, decise di incendiare il tempio di Artemide, una delle sette meraviglie dell’antichità, così il crimine commesso da questi ragazzi di Carpi godrà di fama per un bel po’ di tempo. Ma oggi come allora queste imprese devono fare i conti con la giustizia. E se per il primo fu emesso un «Decreto di oblio» affinché nessuno parlasse mai più di lui in futuro (ma ancora oggi ne parliamo), dei nostri ragazzi, tutelati dal riserbo per la giovane età, ne sta parlando abbondantemente oggi la cronaca e ne parlerà in futuro la storia di Carpi. E se l’emulazione è alla base del vandalismo di questi ragazzi, allora forse giornali e televisioni dovrebbero parlare meno di questi fatti e più, che so, della buona cucina italiana. Probabilmente questo non accadrà mai, ma personalmente sono convinto che così si darà meno strumenti in mano a chi ama imitare azioni violente come quella di scaraventarsi con minibus contro un edificio scolastico.

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