Quando l’educazione va in fumo

I gradini di accesso al mio istituto sono considerati da parecchi studenti, luogo ideale per intrattenersi, stando comodamente seduti, per scambiarsi opinioni, ripassare lezioni, mangiucchiare qualcosa, bere una birra o una coca cola, ma anche per scambiarsi effusioni e bacetti, per fortuna, in “fascia protetta” (di pomeriggio) e soprattutto per farsi una bella fumatina in santa pace lontano da occhi e sguardi indiscreti. Da un recentissimo sondaggio risulta che sono decisamente aumentati i giovanissimi che fumano, che si è abbassata notevolmente l’età della prima sigaretta, che è aumentata la percentuale di ragazze dedite al fumo e che sono aumentati i ragazzi che preferiscono le sigarette «rollate», cioè quelle fatte a mano. Ricordo un pomeriggio di una giornata stupenda, di quelle che si prestano a incoraggiare chiunque a sedersi sui gradini della scuola, mentre salgo le scale, mi ritrovo davanti una ragazza intenta a «rollare» una sigaretta. Mani esperte padroneggiano abilmente cartina e tabacco sfuso. Le faccio notare che anche se fatta a mano con tabacco scelto e profumato, la sigaretta non per questo è meno nociva, per la salute, di quella confezionata. La vedo attenta alle mie osservazioni. E questo mi fa ben sperare. Mi ringrazia con modi gentili, ma va avanti perché, dice, «la sigaretta rollata contiene meno tabacco e poi costa meno di quella confezionata». L’operazione si conclude con un passaggio di sigillatura sulla lingua, utilizzando la saliva come collante per la chiusura e via a godersi con «sole, pizza e amore» come direbbero a Napoli, una bella fumatina. Sul suo volto la soddisfazione per la buona riuscita del lavoro di confezionamento artigianale unitamente al godimento di quel tabacco odorante, per niente sgradevole, che riempie i suoi polmoni mentre il fumo viene espulso con maniacale maturità tipica di un fumatore. Si diverte persino a fare cerchietti di fumo. Eppure in questo caso quello che più mi fa pensare è la sua giovane età. Una ragazza di terza superiore quindi di sedici anni o poco più, così brava nel «rullare» una sigaretta, così brava nel respirare il gradevole tabacco, così brava nell’espellere il fumo e fare cerchietti, ma anche così brava nel darmi la risposta. E qui sta il problema. E’ drammaticamente aumentato il numero di giovanissimi che si avvicinano al fumo per la prima volta, ma soprattutto è raddoppiato negli ultimi dieci anni il numero di ragazze che guardano alla sigaretta come a una variabile da valorizzare per affermare la propria personalità. Per dirla in parole povere le adolescenti vedono nella sigaretta un modo di affermare nel gruppo la propria visibilità e assicurarsi così un ruolo, un simbolo ben determinato. Ma anche i coetanei maschi non scherzano. Ragazzini con la sigaretta accesa tra le dita, con il cappello dalla visiera rigirata all’indietro, che danno consigli su come «fregare» il prof per recarsi in bagno a farsi una fumatina, diventano agli occhi delle ragazze eroi al contrario. Figure che piacciono. Incutono sicurezza, esercitano un particolare fascino. Fanno colpo perché abili nel «cuccare». Si afferma così uno stile di vita che non fa più distinzione tra giovani maschi e femmine. Stiamo parlando di modelli che lasciano a desiderare e che mai possono trovare consenso nei principi educativi della scuola. Naturalmente non è sufficiente parlare ai ragazzi delle gravi conseguenze che con il tempo il fumo può originare soprattutto sull’apparato respiratorio. I ragazzi hanno bisogno di gesti concreti, di testimonianze. Ecco perché ha più presa l’avere di fronte adulti che predicano bene e razzolano bene, che adulti che predicano bene e razzolano male. Perché fin quando questi ragazzi avranno di fronte figure di adulti, genitori o insegnanti non fa differenza, pronti a dimostrare la propria affermazione con uno stile di vita reso significativo dall’abitudine al fumo, difficilmente si potrà sperare in un cambio culturale. E quando culturalmente non si riesce a tutelare determinate certezze con la propria testimonianza nella convinzione che la tutela della propria salute è una certezza da trasmettere, sarà quasi impossibile arrivare a sperare in certi cambiamenti. Non va dimenticato che i ragazzi quasi sempre si avvicinano al fumo per un processo di iniziazione imposto dagli stessi componenti del gruppo. Chi non si ritaglia uno spazio fatto anche di apparenza, avrà vita difficile tra i compagni di merende. Perché apparire grandi, sicuri di sé, davanti alle ragazze è il primo obiettivo da dimostrare di aver già raggiunto. L’importante è apparire! Non importa se questo agli occhi dei grandi può essere considerato da ignoranti, perché comunque tale non lo è agli occhi dei ragazzi. E’ inutile prendersela con loro. Loro lo fanno per ignoranza e basta. E in questo un grande contributo lo danno gli adulti con il loro esempio allorché non rispondono dei propri comportamenti davanti ai giovanissimi. Cos’è più importante o più compromettente, smettere di fumare o accettare le conseguenze? E’ più importante «raggiungere i livelli superiori della ragione, – come dice Eraclito – o degradarsi fino a sprofondare negli infimi strati del piacere?». Messo in questi termini la questione finisce nell’ovvietà sicché non si possono aspettare che risposte scontate. Eppure ciò che potrebbe far riflettere non è l’ovvietà delle risposte che uno si aspetta, ma la superficialità di chi pur conoscendo le conseguenze derivanti al fumo, non ha il coraggio di ammetterle per diventare, nei confronti dei ragazzi, un testimone credibile in tema di cambiamento culturale. Sono convinto che più delle crude immagini di polmoni rovinati, può la testimonianza, l’esempio da trasmettere senza risparmiarsi perché di mezzo c’è una generazione che se oggi fa fatica a comprendere i danni procurati dal fumo, non farà fatica a comprendere, un domani, e forse in piena solitudine, il livello di gravità raggiunto dal proprio stato di salute. Educhiamo, dunque, questi nostri ragazzi al rispetto di se stessi. Non mandiamo in fumo anche l’educazione. E qui Leopardi può aiutarci con uno dei suoi più splendidi versi del «Passero solitario» allorché a qualcuno potrà ritornare alla mente quell’«Ahi pentirommi, e spesso, ma sconsolato, volgerommi indietro». Ma allora forse sarà anche troppo tardi.

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