I gadgets, abitualmente, vanno a ruba, diventano uno status symbol, indicano che il fortunato possessore (magari dilapidando una piccola fortuna) è riuscito ad impossessarsene e può farne sfoggio. Sono coloratissimi, dalla foggia bizzarra, sempre stravaganti perché ambiscono ad essere unici e tipici.Il termine chissà mai da dove proviene, i linguisti offrono tante interpretazioni, ben poco convincenti in verità. Tuttavia, tutti sanno di che cosa si tratta.Benedetto XVI, anche se suppongo che non abbia il suo studio brulicante di gadgets, ha fatto suo questo segno dei tempi e lo ha declinato cristianamente, in modalità molto forte, scegliendo il segno dell’obbrobrio, della morte cruenta e dolorosa.Dopo aver annunciato ufficialmente la sede della prossima Gmg e fatto consegnare la grande Croce ai giovani brasiliani, effervescenti nel loro entusiasmo, ha voluto che a tutti i partecipanti fosse consegnato il gadget prescelto, cioè la croce. È un gesto simbolico e costruttivo, che non vuole gettare sabbia sull’entusiasmo giovanile o annullare le manifestazioni di adesione esuberanti, ma vuole dare in mano a ciascun giovane la chiave della vita, quella che sola apre la porta per darvi significato, per procedere nella storia da cristiani quali si vuole essere, la risposta perfetta alla domanda posta nell’omelia: «“Ma voi, chi dite che io sia?”. “Rispondetegli – ha proseguito – con generosità e audacia, come corrisponde a un cuore giovane qual è il vostro”». Benedetto non propone vantaggi, sconti, vincite a premi fantastici, vacanze quasi gratis (salvo imbroglio sotteso!) in paesi esotici, propone la stessa vita che il Figlio dell’Uomo ha voluto seguire sulla terra: testimoniare il Padre e condurre tutti a salvezza. Costi quel che costi.Non si cammina però da soli, isolati, il cristiano prosegue sempre nelle orme di chi lo ha preceduto, passo dopo passo, segue un sentiero tracciato e calpestato da secoli, soprattutto si sa generato come dono dalla Chiesa che è madre. Certo, lo sappiamo tutti, la Chiesa presenta delle crepe, delle difficoltà, dei limiti che fanno sobbalzare e soffrire, tale e quale la madre che tutti ci ha generati alla vita e che nella sua umanità offre il fianco a critiche, ma, è ben risaputo, che nessuno può permettersi di toccare la madre altrui, altrimenti scatta la reazione indignata.Dovremmo crescere in questa fierezza che sola potrà colmare la crepa, abbattere la difficoltà, trasfigurare il limite ed allora il sobbalzo non sarà di pena ma di alegría e la sofferenza diventerà dono trasparente: “Il mondo ha bisogno della testimonianza della vostra fede, ha bisogno certamente di Dio”.La fede non si autoregge, la fede poggia sull’amicizia stretta e fedele, senza tradimenti e scosse, che Gesù Cristo dona a chi sappia vederla ed accoglierla.Da questo legame profondo nasce “la spinta che conduce a dare testimonianza della fede negli ambienti più diversi, incluso dove vi è rifiuto o indifferenza”. Ambienti che tutti i partecipanti stanno per accostare o riaccostare.Questi giovani, variopinti ed entusiasti, vocianti e canterini, ricevono il marchio della Croce che li rende testimoni visibili ed incalzanti, una simile spinta diventa quasi incontrollabile nel suo potenziale di annuncio: “Non è possibile – ha rimarcato il Papa– incontrare Cristo e non farlo conoscere agli altri. Quindi, non conservate Cristo per voi stessi! Comunicate agli altri la gioia della vostra fede”.La croce che abbraccia tutti i punti cardinali e si dilata nel mondo intero, parla di un compito “straordinario”, anche se viene vissuto in un ambito di vita quotidiano modesto e semplice, perché la straordinarietà e la originalità non sono effimere e caduche, soggette alla moda e all’impulso del momento, ma esprimono l’aspirazione a quanto è più grande e duraturo del benessere, dell’accumulo, della carriera rampante.La croce annulla la seduzione di quanto passa, di quanto può attirare ma che poi lascia il retrogusto dell’amaro nella bocca.Vivere senza Dio, senza conoscere ed amare Gesù Cristo, significa rinchiudere il proprio passaggio sulla terra ad un angusto limite di temporalità, mentre la Croce buca lo schermo della storia e squarcia una barriera che ci divide dalla vita senza fine.Il gadget, spesso superfluo, allora muta di segno e diventa legame di comunione, quanti ragazzi e ragazze sparsi nei diversi continenti si potranno riconoscere grazie al grande simbolo donato?La croce chiede di fiorire nell’appartenenza comune, nel non ritrovarsi mai soli, nel condividere pieno e assoluto, nel seguire i suoi bracci che si sporgono in ogni direzione e fare proprio nel profondo il grande compito: “Portate la conoscenza e l’amore di Cristo a tutto il mondo. Egli vuole che siate suoi apostoli nel ventunesimo secolo e messaggeri della sua gioia. Non deludetelo!”.La festa della mochila è compiuta, non è finita, cioè conclusa come avviene con ogni accadimento umano, ha raggiunto il suo vertice proprio in questo dono del Padre, nella Croce.
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