Primi bimbi a casa con la febbre: «Il protocollo Covid non è chiaro»

I pediatri del Lodigiano chiedono tempi rapidi per effettuare i tamponi

La scuola e i nidi hanno appena riaperto e spuntano già i primi casi sospetti tra i bambini. I pediatri sono preoccupati. «Il sistema sanitario - dicono - si paralizzerà». I medici dei bambini chiedono la possibilità di effettuare test veloci. I tempi per processarli sono troppo lunghi e le richieste saranno numerose.

«Hanno riaperto i nidi, vediamo come va - spiega la pediatra di Tavazzano Maria Grazia Minoia - io, al momento ho avuto la richiesta per un bimbo, ma ci aspettiamo che con la ripresa di tutte le scuole sarà il caos totale. Se il sistema non sarà modificato andrà completamente in tilt. Le linee del ministero sono chiare. Dopo 3 giorni di assenza da scuola il pediatra deve fare il certificato di riammissione. Il certificato ha un valore legale, nessuno escluderà che il paziente non ha avuto il coronavirus solo sulla base della clinica, quindi farà fare il tampone. Se adesso i tempi di processazione sono ancora sotto controllo, mi aspetto, dalla prossima settimana, una maxi esplosione del problema. E come me anche tutti gli altri colleghi». Le linee sono restrittive, ammette Minoia. «Ho capito che bisogna diagnosticare il più precocemente possibile la malattia, ma quando inizi a chiedere un tampone per una febbre superiore ai 37,5 gradi, blocchi una famiglia intera e blocchi il mondo del lavoro. Il sistema andrà in tilt. Stanno finendo ancora adesso i test a chi è rientrato dalle vacanze, figuriamoci. Siamo visibilmente preoccupati per quello che succederà». Adesso, il tempo di attesa per l’esito oscilla tra i 5 e i 6 giorni. «Noi chiediamo che ci diano degli altri strumenti per fare diagnosi, per esempio i test rapidi. Ci siamo offerti anche noi pediatri per farli. La Lombardia, però, ha detto che non sono validati, ma non abbiamo altre armi. Non so se i sindacati raggiungeranno l’intesa, prevedo un inverno interessante, uno scenario apocalittico. Quale bambino al nido non ha il naso che cola un giorno sì e l’altro pure? Il sistema non reggerà. Io che ho 900 assistiti, in una settimana, ho chiesto 5 tamponi, ho avuto l’esito di 2. Gli altri devono ancora arrivare. Siamo in attesa che Dio ci aiuti». Anche nella Bassa sono spuntati già i primi casi sospetti. La dottoressa Clara Lusardi, per esempio, ha già chiesto il tampone per due bambini dell’infanzia. Uno dei 2 è stato mandato anche a casa da scuola. La sua collega ne ha chiesto un altro, ieri mattina. «Hanno fatto le norme senza coinvolgere i pediatri - commenta la dottoressa -, i nostri sindacati hanno chiesto di sedersi al tavolo, vediamo». «Nelle scuole dell’infanzia - spiega la preside del Comprensivo Lodi IV Caterina Guerini -, i bimbi sono liberi. Qualcuno aveva proposto il doppio paio di scarpe, ma adesso vanno ancora in giardino, dovrebbero cambiarle in continuazione. Le maestre hanno solo la mascherina e la visiera. Se un bambino ha la febbre superiore ai 37,5 gradi o altri sintomi viene inviato in sala covid, in attesa dell’arrivo dei genitori. Se il tampone sarà positivo allora scatterà la quarantena per chi è entrato in contatto con lui». Ieri a Crema ha chiuso una scuola anche se l’esito del tampone non è ancora arrivato. «La procedura non è chiara - ha detto il consigliere regionale del Pd Matteo Piloni - che ha scritto formalmente al direttore generale welfare Marco Trivelli una lettera perché si chiarisca la procedura da seguire».

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