Prevalga il bene comune

L’incognita è ovviamente legata al raggiungimento del quorum. Che tuttavia non è ad oggi di fatto una posta politica. Nessuna forza politica infatti ha dato esplicite indicazioni per l’astensione. I quattro referendum del 12 giugno nascono da logiche diverse. I due sull’acqua e quello sul nucleare sono più orientati all’oggetto. Rinviano a due questioni strategiche, la prima i meccanismi delle cosiddette privatizzazioni, la seconda alle politiche energetiche. Il quesito relativo al legittimo impedimento è ovviamente più mirato alle vicende giudiziarie del presidente del Consiglio, con i conseguenti risvolti personali e politici. Proposti quasi all’inizio di questa legislatura si svolgono in un contesto politico e “ambientale” molto diverso. La questione del legittimo impedimento è stata infatti di fatto superata dalla sentenza della Corte costituzionale che ne ha depotenziato la portata e dalle successive vicende giudiziarie di Berlusconi legate alle feste nella residenza di Arcore. Il tema del nucleare è balzato all’evidenza dell’opinione pubblica mondiale di fronte all’ancora irrisolta tragedia giapponese, a venticinque anni ormai dal primo dramma di Cernobyl.Nonostante la sconfitta della maggioranza di governo al turno amministrativo di maggio abbia a caldo profilato una politicizzazione della tornata referendaria, questa è di fatto stata esclusa: forse una precipitazione degli eventi non gioverebbe in questo momento a nessuno. Non gioverebbe alla maggioranza ed al Pdl, alle prese con l’avvio complesso della necessaria ristrutturazione interna, di fronte alla scadenza delle elezioni politiche, in calendario tra meno di due anni, salvo anticipi. E non gioverebbe neppure alle opposizioni che sono chiamate, nei prossimi mesi, a trasformare le affermazione amministrative in una credibile proposta di alternativa politica.Dunque resta il merito delle questioni, su cui è bene si ragioni. Proprio perché il nostro Paese ha bisogno di riappropriarsi, in particolare sulle delicate questioni energetiche, di una prospettiva di investimento e di politiche pubbliche condivise. Il nostro antico vizio di buttare tutto in politica, di occuparci dei conflitti tra persone, piuttosto che del merito dei problemi, di fare il tifo per l’uno o per l’altro, piuttosto che di discutere sulle cose, finisce col creare pasticci, che penalizzano tutti. Finisce coll’impedire di guardare al lungo periodo, magari proprio nella prospettive del “bene comune”, un tema-chiave della dottrina sociale della chiesa evocato a proposito dell’acqua in questa campagna referendaria.E allora ripartiamo di qui, dal bene comune e dalla necessità di innovare veramente, puntando sul solido e non sugli interessi, di piccolo momento, anche se di grane entità.La discussione che con fatica si sta sviluppando infatti dimostra come sulla gestione dell’acqua si può fare molto di più e molto meglio, sviluppando una vera sinergia tra interessi pubblici e iniziativa privata. Così sui temi dell’energia del futuro è il momento di una grande mobilitazione per innovare sul serio.

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