Però i poveri entrino da un’altra porta

Non posso impedirmi di dire a me stessa: “Ci risiamo. Ancora!”. Avevo visto con i miei occhi e patito l’umiliazione e la terribile fatica di un’anziana donna, malata di cuore e povera che viveva nelle soffitte, minuscole e tantissime, di uno splendido ed elegante palazzo Liberty, in una signorile piazza che si apriva sul mare. Cinque piani a piedi, quando l’ascensore era riservato ai signori dei lussuosi appartamenti. Non bisognava contaminarsi. Mi sono sempre chiesta se qualche inquilino percepisse il dolore di quell’anziana, costretta ad uscire una volta ogni tanto, perché le rampe delle scale le provocavano una crisi di affanno. Come pure il calore torrido dell’estate in un sottotetto e il freddo dell’inverno: non viveva in un mansardato climatizzato. Ci risiamo: questa volta non in Europaa ma a New York, la civilizzata città d’avanguardia, dove si va per imparare a vivere, ad aprirsi alla mondialità, ad afferrare le intuizioni che percorrono la cultura. Fanfaluche o almeno parziali fanfaluche, se verrà attuato il progetto che, però, attira e convince gli avidi. Il fatto: una nuova torre di 33 piani, tra la 61esima e la 62 esima strada, come dire Manhattan. Vista spettacolare con alba a tramonto sullo Hudson. Unità abitative 274. Quale l’inganno e l’umiliazione della persona? La discriminazione, in mano alla società che dirigerà l’operazione commerciale, quanto mai redditizia: 55 unità saranno destinate con affitti calmierati, perché il programma di “social housing” destina i primi 5 piani della torre (sia detto ben chiaro: quelli che nessuno ambisce e paga!), ai poveri. L’ingresso però alla torre non sarà comune, i “poveri” dovranno girare sul retro ed entrare nel loro portone. Buon per loro che avranno un ascensore! Segregazione quindi, dettata dal censo e un guadagno sotteso che, una volta di più, si rivolge a chi fa soldi e si ritorce su chi non ha e, pare, venga aiutato dal programma sociale. È inutile in questa sede attardarsi sul meccanismo economico e gestionale, più utile è tentare di scalzare questo duplice e subdolo verme che corrode la nostra società: il perseverare delle caste sociali, motivate del guadagno, al di là del valore della persona; la capacità perversa di approfittare di un aiuto sociale e mistificarlo per impinguare le proprie tasche. Alla radice, torna e ritorna, il dio denaro, quello che garantisce lusso, vita comoda, visibilità pasciuta e chiude gli occhi alla condivisione e alla gratuità. La preghiera ottiene tutto ma insieme alla sanazione sociale.

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