«Balle spaziali» è il titolo di un film di Mel Brooks del 1987: una feroce parodia delle «Guerre stellari» di quegli anni, improbabile e comica, in cui la tragedia espressa dal modello vira nella farsa e nella risata. Non diversamente, in questi giorni, il dramma della Libia e del suo popolo massacrato trova eco distorta nelle affermazioni di allarme del Governo italiano, relative a una «nuova emergenza clandestini». Con una differenza fondamentale: non siamo al cinema, dunque non c’è nulla da ridere.
La macchina mitologica delle invasioni barbariche, pardon, delle invasioni di migranti irregolari, non muore mai: non si fa in tempo a rimpatriarli che ritornano, più numerosi e insistenti di prima. Leggiamo sui manifesti affissi per le vie della città che ne sono appena stati rimpatriati 42.595 (grazie Ministro dell’Interno!) ed ecco che cinquantamila, anzi duecentomila, anzi un milione di disperati sta per salpare, no è già salpato, dal Maghreb alla volta delle coste italiane; tempo pochi giorni, poche ore, e un’orda di clandestini invaderà il patrio suolo diffondendo insicurezza tra i cittadini. Sarà davvero così? No, e lo sanno tutti, o quasi. Ma intanto l’allarme sociale cresce e devasta le coscienze: perfino nella bottega del fornaio, la gente si chiede «Perché vengono?» e finisce per trovare la risposta più semplice e viscerale: «Siamo troppo buoni!». Troppo buoni? In nome della nostra bontà nei confronti del popolo libico, giusto cento anni fa abbiamo combattuto una guerra coloniale sanguinosissima e nel passato recente abbiamo sostenuto (guai a disturbarlo) uno dei peggiori dittatori del pianeta. Ma questa è un’altra storia.
Torniamo, invece, alla domanda «Perché vengono?», che merita una risposta seria e argomentata. Vengono perché le politiche migratorie italiane sono restrittive e l’ingresso e la permanenza regolari nel nostro paese sono una scommessa. E vengono soprattutto perché l’economia sommersa, che in Italia ha un ruolo tanto importante (e che genera precarietà, illegalità e insicurezza vera), ha bisogno di lavoratori irregolari, i quali, al contrario di quanto si dice, non rappresentano un grave peso sociale, perché hanno diritto soltanto alla sanità “di emergenza”.
Ma a proposito, quanto sono gli irregolari? Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione ISMU, aggiornato all’inizio del 2010, sono 544.000, con un lieve decremento rispetto all’anno precedente, quando erano 560.000 (ben il 2,9% in meno di pericolosi clandestini in circolazione: grazie Ministro dell’Interno!). I conti non tornano. Il presupposto errato è che l’immigrazione irregolare coincida con gli sbarchi: via, davvero si crede che dall’Est europeo, dall’America latina e dall’estremo Oriente si arrivi in Italia con i barconi, quei barconi riprodotti sui manifesti che vantano il 90% in meno «di sbarchi sulle nostre coste»? Gli infami accordi con la Libia hanno certo ridotto e rallentato gli sbarchi dei richiedenti asilo in fuga dall’Africa orientale, ma non hanno evidentemente diminuito il numero dei cosiddetti clandestini. Irregolari, poi, si diventa soprattutto per il mancato rispetto delle modalità che regolano la permanenza legale in Italia; e da irregolari si diventa illegali in seguito alla norma che trasforma in reato la clandestinità. Una volta tanto, però, il viaggio non è di sola andata: l’onesto migrante entrato in Italia regolarmente, già trasformato in losco clandestino (perché, magari, ha perso il lavoro o per qualsivoglia ragione ha lasciato scadere il permesso di soggiorno), può tornare legale e regolare, non in virtù di un’indulgenza plenaria ma di una sanatoria (sì, proprio l’invisa sanatoria), ovvero di un decreto per l’emersione o di un decreto flussi. Il decreto per l’emersione dal lavoro irregolare, emanato nel luglio 2009, ha permesso infatti di trasformare da “cattivi” a “buoni” 294.739 lavoratori stranieri; il decreto flussi del novembre 2010, ancora in fase di espletamento, contava alla data del 18 febbraio ben 406.392 domande. Che piaccia o no, le sanatorie sono ormai un disposto fondamentale nella gestione dei fenomeni migratori del nostro paese: e poiché le politiche italiane in materia sono da sempre improntate alla logica dell’emergenza, non potrebbe essere altrimenti.
Ma torniamo a espulsioni e rimpatri: secondo il Dossier statistico 2010 sull’Immigrazione di Caritas e Migrantes, nel 2009 le espulsioni dall’Italia e i respingimenti alla frontiera con conseguenti rimpatri nei paesi di origine sono stati 18.361. In media poco più di 6 ogni 100 regolarizzati. I conti non tornano un’altra volta. Non è finita: nel 2008 espulsioni e respingimenti sono stati 24.238; qualche anno prima, nel 2004, 30.428. Questa poi: addirittura un decremento! Non va meglio per le espulsioni nella loro totalità: nel 2009 sono state 52.823, meno di un decimo della stima delle presenze irregolari nello stesso anno. Il trend è del tutto analogo nel Lodigiano: circa 100 espulsioni nel 2010, 180 nel 2009, 300 nel 2008, su di un totale stimato di 3.500 irregolari che camminano nel nostro territorio.
Ma non avevano detto che li mandavano via tutti? «Balle spaziali», è evidente, che tuttavia non provocano né riso né sorriso, perché offendono la vita e la dignità delle persone straniere e l’intelligenza e la civiltà di quelle italiane. Come afferma il sociologo Maurizio Ambrosini, sempre illuminante, «le politiche dichiarate divergono dalle politiche effettive, e le manifestazioni di durezza appaiono occasionali e circoscritte. Magari ben congegnate, abbondantemente mediatizzate, enfatizzate dalle stesse polemiche che suscitano, ma in fin dei conti poco incisive. Più rivolte a coltivare un’immagine di fermezza, a impressionare l’opinione pubblica, che capaci di imprimere una svolta strategica alla gestione del fenomeno migratorio».
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