Perché l’insulto corre sulla Rete?

“Mi aski?”, è la parola d’ordine più diffusa fra gli adolescenti perennemente connessi davanti al pc o chini sugli smartphone. L’universo di riferimento è quello del nuovo social network che sta prendendo il posto di Facebook nelle abitudini dei ragazzi e delle ragazze in un’eta compresa fra 13 e i 19 anni. Si tratta di “ask.fm”, un sito nato nel 2010 a Riga per l’iniziativa di due fratelli della Lettonia. In meno di tre anni ha raggiunto sessanta milioni di utenti in tutto il mondo, di cui un milione solo in Italia. Da alcune settimane è al centro di un fuoco di polemiche incrociate. Nel Regno Unito, una ragazzina, Hannah Smith, quattordicenne, si è uccisa dopo i ripetuti insulti ricevuti su ”ask.fm”. Il premier Cameron, impressionato e preoccupato dall’escalation del fenomeno, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione nazionale sul tema.A Bologna, invece, un passaparola con parolacce e minacce sul sito ha scatenato una maxi rissa molto reale fra i ragazzini nei giardinetti pubblici (si erano dati appuntamento proprio con “ask.fm”). Risultato alcuni feriti e lo sgomento dell’intera città che fatica ancora oggi a riprendersi dallo shock. Il meccanismo che scatena apprezzamenti volgari e aggressioni verbali (spesso di carattere omofobo) è quello dell’anonimato che protegge gli autori delle domande. Il nome del sito significa, per l’appunto, “Chiedi” e coloro che si iscrivono devono sottoporsi a domande anonime. Se rispondono bene otterranno il consenso da parte degli altri. Il completo anonimato è la chiave vincente del social ma è anche la sua debolezza. Protetti dalla maschera virtuale i giovanissimi utilizzano il social network per offendere i coetani. Sarà forse anche per la crescita impressionante di questo fenomeno che Facebook ha deciso, invece, di impedire l’anonimato e di rendere pubblici tutti i profili dei ragazzi (13-17 anni). I genitori si sono spaventati e ora temono l’aggressione di pedofili e di altri malintenzionati ma i manager di Facebook hanno replicato che si tratta dell’unico modo di combattere il fenomeno del cyber-bullismo.Un giornalista del “Secolo XIX”, Francesco Priano, con un’identità virtuale (cosa che ha potuto fare senza fatica data l’assenza di controlli di sicurezza su tutti i social network del mondo, Facebook compreso), si è iscritto su “ask.fm” fingendo di essere una bambina. Il suo viaggio fra le domande e le risposte del sito lo ha lasciato senza fiato. “Qual è la tua posizione preferita?”, gli hanno chiesto subito quando si è affacciato sul sito. Il giornalista, con il suo avatar da bambina, ha provato a ribattere e ha chiesto all’interlocutore di svelare l’identità ma la reazione dell’anonimo è stata stizzita: “Sei una frigida”, “Metti una foto un po’ nuda”, “Sei vergine?”. “L’unica soluzione è bloccare l’utente che mi assilla, impedendogli di contattarmi nuovamente, ma non occorre molto per accorgersi che si tratta di una regola”, scrive Priano nel suo lungo reportage. “Chiedo a una ragazza della mia cerchia, Letizia di 13 anni, un paio di consigli per gestire la situazione. ‘Blocca i rompipalle e tanta pazienza’ è la replica. Sulla sua pagina ci sono domande intime e volgari a cui risponde sempre con tono aggressivo, perché pensa che una replica infiammata sia più efficace dell’indifferenza. Jennifer, invece, è rassegnata: ‘A questi non rispondo, ma se vuoi evitarli levati da Ask’ spiega, prima di confermare che in genere si tratta di amici o conoscenti ‘che non hanno le palle per dirti le cose in faccia’”.Il fenomeno della diffusione dell’utilizzo delle chat e dei social network fra adolescenti è uno degli effetti meno studiati ma più inquietanti di quella che i sociologi chiamano “la chiusura dei cortili”. Una volta i bambini e gli adolescenti giocavano per strada. Partite a pallone, nascondino, acchiapperella. Le regole della competizione e degli scontri erano stabilite a viso aperto, guardandosi negli occhi, davanti a testimoni. Non c’era meno aggressività ma il fenomeno si sviluppava in modo “più schietto”, spiegano i sociologi senza entrare in tecnicismi. Le porte delle case e della famiglie però si chiusero intorno agli anni Ottanta. Un maggiore protezionismo nei confronti dei minori, il clima della tensione pubblica, qualche brutto episodio di cronaca ingigantito dai media, hanno progressivamente svuotato i giardinetti, i parchi pubblici e i cortili dei grandi condomini urbani. Dopo alcuni anni di «clausura forzata» i nuovi adolescenti, nativi digitali, hanno scoperto la piazza “virtuale” dei social network e i giochi sono ricominciati. Adesso però non ci sono più regole e i rischi, al contrario, sono molto concreti.

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