Che sia un falso storico o che tragga origine da un episodio realmente accaduto, sta di fatto che circola nei mercatini (e io ne ho una fotocopia) un articolo curioso del «Regolamento della Real Marina» del Regno delle Due Sicilie datato Napoli, 20 settembre 1841. Si tratta dell’art.27 dall’emblematico titolo «Facite Ammuina», accompagnato da un singolare N.B.: «Da usare in occasione di visite a bordo delle alte autorità del Regno». In parole povere in certe occasioni il personale di bordo doveva, appunto, «Fare Ammuina» ovvero «Fare Confusione» per dare l’impressione che a bordo la vita scorreva frenetica. Cosicché per l’ufficiale superiore «tutti chilli che stanno a prora, vann’a poppa e chilli che stann’a a poppa vann’a prora; chilli che stann’a dritta vann’a sinistra e chilli che stann’a sinistra vann’a dritta; tutti chilli che stanno abbascio vann’ncoppa e chilli che stanno ‘ncoppa vann’abbascio passann’ tutti p’o stesso pertuso; chi nun tiene nient’a ffa, s’aremeni a ‘cca e a ‘lla». Questi erano gli ordini dell’Ammiraglio Giuseppe di Brocchitto, comandante superiore sulle navi della Real Marina Napoletana di quell’epoca per tenere indaffarati a bordo tutti quelli che potevano dare l’impressione di essere tra quelli che oggi sono etimologicamente classificati come «sfaccendati». Nessuno doveva rimanere con le mani in mano. Almeno nelle apparenze. Tutti dovevano avere un compito a bordo della nave in virtù del quale a tutti era richiesto di tenersi in movimento, senza per questo ritagliarsi un ruolo preciso. Era la confusione a bordo a salvare le apparenze. Perchè ho cominciato con questo riferimento che poi sia storico o non storico, è roba da studiosi. Io mi diverto a leggere. Perchè oggi nelle nostre scuole molti miei colleghi non sanno come impiegare i docenti di Potenziamento che la legge 107/15, meglio conosciuta come legge sulla «Buona Scuola» mette loro a disposizione. Anzi. In qualche occasione dopo un normale scambio di opinioni mi è capitato persino di sentire colleghi piuttosto critici nei confronti del Ministero per aver messo a disposizione della propria scuola degli insegnanti senza seguire alcun criterio al punto da ritrovarsi assegnati docenti non in linea con gli stessi indirizzi di studio. Alla mia scuola, ad esempio, sono stati assegnati otto docenti di Potenziamento di cui una laureata in Filosofia. Una materia che non viene insegnata negli Istituti Tecnici ragion per cui, stando a una certa pessimistica visione così cara, di questi tempi, a tanti miei colleghi, questo sarà un docente sprecato e in quanto inutile, non potrà che essere utilizzato come tappabuchi. Niente di più sbagliato! Forse che un docente di Filosofia non può educare i ragazzi a riflettere su valori profondi come il «senso del dovere» o in campo estetico, su ciò che è «bello» o «brutto» o ancora sul significato di «libertà» e «partecipazione»? Non è forse una metodologia che avvicina gli studenti a scoprire il significato di «cittadinanza attiva»? Forse che da simili approfondimenti tematici sono esclusi gli studenti degli Istituti Tecnici? E’ solo un piccolo esempio su cui ragionare per dare una risposta a chi vede nei docenti assegnati come Potenziamento una sola ed esclusiva occupazione: tappare i buchi. E’ meglio chiarire. Questi docenti non sono nè uno spreco, nè un di più da impegnare comunque in qualche modo giusto per «fare ammuina». Se dal punto di vista sindacale può essere definita una mastodontica operazione occupazionale, dal punto di vista didattico questo aiuto può rappresentare un progressivo rafforzamento di una cultura pedagogica e metodologica, tanto urgente quanto necessaria nella scuola del cambiamento. Questi docenti non sono un’abbondanza fine a se stessa. Al contrario. La didattica punta al loro miglior utilizzo e proprio in virtù del potenziale umano e professionale che ciascuno di essi rappresenta. Siamo di fronte a una notevole risorsa progettuale che viene assegnata a ciascuna scuola per dare qualità e spessore a iniziative di didattica individualizzata. Personalmente vedo in questa operazione una grande occasione che se ben «sfruttata» potrebbe rappresentare una svolta nel processo di Autonomia nelle scuole, un processo tanto osannato per la sua potenzialità quanto criticato per il suo limite. Sono in molti a demolire criticamente la nuova prospettiva che con l’organico Potenziato si presenta, trovando in un atteggiamento insipiente una più facile risposta tanto più rispondente a una cultura spogliata del suo autentico significato, quanto più efficace come risposta da mettere in atto poiché ritenuta, a torto, la meno compromettente. E invece qui non si tratta di cercare con la lanterna il tipo di occupazione da offrire, nè tanto meno di mandarli da un piano all’altro o da una classe all’altra pur di far «fare ammuina» a dispetto di un pericoloso quanto provocatorio rilassamento. Abbiamo a che fare con risorse professionali il cui intelligente impiego può contribuire in maniera notevole attraverso una didattica progettuale, curricolare o extracurricolare, a migliorare l’approccio pedagogico nei confronti degli allievi. Con i docenti di Potenziamento si possono potenziare esercitazioni anche pomeridiane, si possono potenziare le attività parascolastiche afferenti i diversi indirizzi di studio, si possono potenziare i percorsi relativi alle relazioni umane con riferimento anche ai valori comportamentali fortemente compromessi al giorno d’oggi. Si possono persino potenziare condizioni di collaborazione tra gli stessi docenti in quanto parte attiva e professionale di uno stesso istituto. Ne viene così rafforzato il lavoro d’equipe. Ecco perchè questi docenti non sono un’appendice, non sono un di più da occupare ovunque e comunque pur di tenerli, per così dire in movimento. Questi docenti non devono «fare ammuina» nelle nostre scuole per vederli occupati, non devono salire e scendere le scale, non devono entrare e uscire dalla sala prof. giusto per apparire indaffarati, ma nel rispetto della loro dignità, della valorizzazione della loro professionalità, devono essere considerati alla pari di un’occasione d’oro chiamati a migliorare i processi di apprendimento in atto, per dare qualità all’approccio pedagogico, per costruire a fianco ai colleghi un percorso culturale che porti gli allievi a percepire l’importanza della loro presenza nel rispetto del principio tanto caro a Socrate: «chi vuole muovere il mondo, prima muova se stesso».
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