Per essere intelligenti usa il cervello

Crescono le preoccupazioni nelle scuole tedesche per un certo abuso tra gli adolescenti di uno stimolante del cervello utilizzato per accrescere le capacità intellettive. Cosa ancor più preoccupante è che di questo ne sono consapevoli gli stessi genitori diventati abili procacciatori di Ritalin (questo è il nome del farmaco incriminato) pur di assicurare ottime performance ai propri figli. Questo vale sia per chi deve affrontare un’interrogazione per recuperare una situazione scolastica a rischio, *preside dell’Istituto sia per chi, non contento dei risultati raggiunti, vuole raggiungere un livello di eccellenza. Che la situazione stia precipitando lo si capisce dalla forte presa di posizione del Ministero dell’Istruzione tedesco pronto a una decisa azione antidoping nelle scuole. Del resto è opinione diffusa che il farmaco in questione sia ritenuto un ottimo tonico intellettivo e questo nonostante sia stato classificato pari a una specie di droga il cui abuso più che ringalluzzire il cervello, lo demolisce fino a farlo rincretinire. Ma lo smisurato aumento di consumo di questo farmaco fa capire che simili informazioni non abbiano prodotto un soddisfacente livello di consapevolezza da parte non solo di chi lo consuma (la maggior parte dei quali sono adolescenti), ma anche e soprattutto da parte di chi è chiamato a tutelare in primis la salute dei propri figli, ovvero i genitori. Internet oggi fa il resto. Il mercato è talmente vasto che a fronte di un diniego di qualche medico, il consumatore si rivolge al mercato virtuale dove trova tutto in quantità industriale e a prezzo agevolato. In tal caso i rischi quanto meno si raddoppiano. E tutto questo per quale motivo? Per stimolare il quoziente intellettivo. Vale a dire che in Germania genitori e ragazzi non accettano più un sistema educativo che vuole differenze tra chi si impegna nello studio con buoni o ottimi risultati e chi dello studio ne fa una sorta di insopportabile sacrificio fino a lasciar cadere nel vuoto il richiamo a valori educativo-formativi. Perde così di spessore il significato dell’impegno mentre acquista di importanza la tecnica artificiale che aggira l’ostacolo del sacrificio per affidarsi a stimolanti dall’esito immediato. E’ il solito trucco. Cosa ancor più grave è che a segnare la strada sono proprio i genitori. Una volta il sistema era diverso e più rispettoso della natura. Più del Ritalin faceva effetto il pesce. «Mangiate pesce», raccomandavano i nostri vecchi, perché il fosforo aiuta a tener desta la memoria. E giù pesce a tutta manetta! Oggi, invece, pare assistere a un nuovo invito del tipo «prendete Ritalin» se volete raggiungere un buon livello di erudizione. Bella trovata! Questo vuol dire invitare i ragazzi a far uso di farmaci pur di dimostrare quanto bravi si può essere a scuola. Ma la scuola non vuole questo. La scuola non cerca la crescita dei livelli di erudizione. La scuola cerca di migliorare i livelli di formazione, di educazione, di conoscenza e cultura. Ciò non è la stessa cosa di quello che si promette con l’uso di farmaci. Un uso pericoloso che conduce, se mai, ad abbassare il livello di consapevolezza di quanto si può costruire con la propria volontà. Anzi. C’è in tutto questo un rischio notevole di vedere i ragazzi, una volta impossessati da questa artificiale erudizione, rapportarsi con disprezzo e alterigia. Insomma diventare intrattabili. Eraclito non faceva uso di farmaci (il Ritalin nel 500 a.C. non era stato ancora scoperto), ma era l’esempio vivente dello snobismo, della vanteria, della superbia del proprio valore, del disprezzo per il prossimo. E’ suo il messaggio secondo cui «l’erudizione non insegna ad essere intelligenti, altrimenti sarebbero intelligenti anche Esiodo, Pitagora, Senofane ed Ecateo». Che faccia tosta! Intrattabile e offensivo. Un cattivo esempio che tuttavia ci aiuta a meglio capire il messaggio da lasciar passare. Non è l’erudizione che fa l’uomo, ma la formazione e di concerto l’educazione. E allora fanno bene in Germania a classificare il Ritalin al pari di una droga; a predisporre controlli antidoping nelle scuole per contrastarne l’uso; a mettere al bando questo tipo di medicinale che viene somministrato anche ai bambini pur di portarli verso una perfomance invidiabile. Non é così che si diventa intelligenti. Non è con il consumo di massa che si giustifica l’uso e l’abuso di un farmaco ritenuto un vero elisir dell’intelligenza. Bisogna fermare questa cultura stupida e dannosa che finisce col provocare conseguenze anche serie per chi ne fa uso corrente. L’intelligenza è un dono di natura dato a tutti, appartiene al patrimonio genetico di ciascuna persona. Il problema sta, invece, nell’avere la forza e la voglia di sfruttarla. Non va dimenticato che in un mondo dove ci si trova ad affrontare tanta vacuità così diffusamente presente, essere dotati di intelletto consente di essere presenti con responsabilità sulle cose da fare. Per Aristotele «l’intelletto è come un uomo che non ha bevuto, messo al confronto con altri che dicono cose vane». Ora a giustificare il ricorso a simili sostanze per garantire un certo livello intellettivo viene invocato l’aiuto in grado di offrire ai ragazzi sempre più sottoposti a particolari situazioni di stress. E lo studio è una di queste. Vuoi per l’eccessivo impegno richiesto da insegnanti, vuoi per il rigore a cui si richiamano i docenti, vuoi per il rischio di fallire o di vivere in maniera vergognosa un qualche insuccesso, si preferisce ricorrere ai ripari e tentare di migliorare la sorte ricorrendo all’uso di particolari farmaci. Altro che farmaci! Ciò che manca ai ragazzi oggi non sono i farmaci, ma il dialogo. Insomma l’uso della parola è da preferire ai trucchi dopanti. E’ la storia a insegnarcelo. A riguardo vorrei ricordare un tale Antifonte Ateniese, conosciuto in Atene come «il cuoco della parola». Era costui un esiliato politico che per sopravvivere, aprì a Corinto un «negozio di consolazioni», ovvero uno studio dove accoglieva chi sentiva il bisogno di colloquiare. Una specie di confessore. Per ognuno aveva una parola buona. Insomma risolveva con la sola parola i problemi che oggi per qualcuno sono risolvibili con il Ritalin. Non male come idea. Quasi, quasi apro un «negozio di consolazioni» anch’io.

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