Per una “Brutta scuola” docenti offesi

C’è un problema di fondo oggi che rende la discussione sugli insegnanti una perdita di tempo: il riconoscimento! Quando parlo di riconoscimento alludo non solo a quello economico che pure assume una valenza pesante, ma anche e soprattutto al riconoscimento professionale, sociale, relazionale, tanto per citarne alcuni. Ma evidentemente non così la pensa il nostro Ministro. Per Stefania Giannini, infatti, gli insegnanti sono nello stesso tempo «una maggioranza abulica e una minoranza aggressiva». Attenzione. Non è una battuta detta alla “buvette” della Camera o del Senato, inzuppando una brioche mentre sorseggia un caldo cappuccino. Nossignore. L’infelice espressione fa parte di un’intervista rilasciata dal Ministro Giannini al quotidiano “Repubblica” dopo le contestazioni ricevute a Bologna

nell’ambito della Festa dell’Unità dai docenti presenti e arrabbiati. La notizia ha avuto ampio risalto sui quotidiani. Personalmente quando leggo qualcosa ho sempre un difetto. Mi armo di matita e vado alla ricerca lessicale dei termini che ritengo importanti per meglio capire certi concetti. E questo è il caso di approfondire. Dando per scontato il significato di «aggressivo», voglio meglio approfondire quello di «abulico». Cerco sull’enciclopedia Treccani e scopro che è «abulico chi presenta abulia». Continuo nella ricerca e vado a cercare il significato di «abulia». Mi si sgranano gli occhi. Possibile che il Ministro si sia lasciata andare in una sorta di insulto alla categoria docente? Per «abulia», infatti, tra l’altro leggo «che si manifesta in alcune sindromi nevrotiche e in alcune psicosi». Quindi per il nostro Ministro la maggioranza degli insegnanti, in fin dei conti, è in preda a «sindromi nevrotiche e alcune psicosi». Oibò! Sapevo di insegnanti colpiti da eccessivo stress da lavoro tanto da cadere nella trappola della sindrome da Burnout; sapevo di insegnanti vittime di cattive alterazioni della voce tanto da soffrire di preoccupanti Disfonie, ma che ora devo fare i conti anche con insegnanti in preda a «sindromi nevrotiche e alcune psicosi», questo mi è completamente sconosciuto. Che abbia dei nevrotici e psicopatici anche tra i miei docenti? Sperem de no!

A dire il vero talvolta mi capita di sentire al bar commenti acidi su insegnanti ignoranti, fannulloni, scansafatiche, che lavorano a mezzo servizio e sono pagati a servizio intero, che si fanno tre mesi di vacanze quando dovrebbero fare trenta giorni come tutti gli altri lavoratori, che per quello che fanno prendono anche un lauto stipendio. Ma che a questi convincimenti proferiti da soggetti diversi riuniti al bar in compagnia di un “bianchino” o di un aperitivo decisamente alcolico si debbano aggiungere anche quelli espressi dal Ministro nell’esercizio delle sue funzioni, mi lascia con l’amaro in bocca. E’ lo specchio dei tempi. Una nuova cultura, dunque, si fa strada tra la moralità perduta della società di oggi. E’ il vuoto che si riempie di nuovi contenuti che non tengono più conto delle tradizioni. Ecco perché trova senso ciò che senso non ha. Da più parti vien detto che l’insegnante di oggi improvvisa o al massimo ricicla di continuo ciò che è già noto, ciò che è sempre uguale a se stesso.

E’ il ripetere quello che è stato più volte detto o fatto, che è stato più volte proposto e riproposto, che fa della missione educativa un atto amministrativo fino a svuotare di significato l’opera formativa. Può anche essere che qualche insegnante possa aver trovato in siffatta proposta la risposta a un personale stile professionale; può anche essere che qualche insegnante sia «abulico» ovvero indolente, apatico, passivo; può anche essere che qualche insegnante sia uno sfaticato, un voltagabbana, un furbacchione; può anche essere che qualche insegnante sia “incazzato” a tal punto da mostrare un atteggiamento «aggressivo», ma tra questo e dire che la «maggioranza sia abulica e una minoranza sia aggressiva» ce n’è di differenza. Del resto è pur vero che molti insegnanti dimostrano scarsa vivacità culturale unita a un certo parassitismo intellettuale. Ma questo non è l’insegnante medio e non rappresenta neppure la forza della tradizione. Va detto a gran voce che la crisi dell’insegnate di oggi è lo specchio della crisi della moralità sociale. L’insegnante non viene più rispettato? Ovvio! Non sono rispettati neppure i genitori. L’insegnante non è più autorevolmente considerato? Ovvio! Una scarsa autorevolezza viene riservata anche alle istituzioni e a chi le rappresenta. L’esempio ci viene dall’alto dove esiste una dimensione che fa del potente di turno l’espressione di una legge morale calpestata e privata di significato. La parola dell’insegnante non è più considerata? Ovvio! Si sono perse le tracce delle tradizioni sociali che facevano dell’onore scritto su carta un patto relazionale che valeva tanto quanto la parola data. E poi come non essere d’accordo con quei docenti che si sono presentati in piazza per protesta tutti vestiti di nero con un lumino acceso tra le mani in segno di lutto. E’ morta la scuola con tutti i suoi educatori, gridavano a gran voce. Chiediamoci quanto vale, in questo panorama sociale, la presenza dell’insegnante in classe o del genitore a casa. E non alludo solo alla presenza fisica che pure non deve mai venir meno. Il mio primo pensiero va alla presenza morale, educativa, resa evanescente dai nuovi idoli culturali, ambientali, relazionali, dove l’ironia imperante, l’ambiente degradato e il colloquio offensivo bruciano dentro tanto da vanificare i valori consolidati, sentiti e tramandati nel tempo. Idoli giustificati, accettati, riconosciuti parte integrante della comunicazione anche dai genitori. Dunque perché meravigliarsi? Sono le nuove variabili sociali che distolgono l’attenzione dalla realtà che ci circonda e dai fatti che in essa si manifestano. Per certi aspetti ciò rende le persone più chiuse, più egoiste, meno solidali, più portate a considerare se stesse come l’unica risposta possibile da offrire ai problemi che si manifestano. Claude Adrien Helvetius, filosofo francese del settecento, così scrive “Sull’uomo e sull’educazione”: «L’uomo nasce ignorante e diventa intelligente grazie a due opportunità: ai sensi e alla fortuna. I sensi gli consentono di conoscere la realtà che gli sta attorno e la fortuna lo aiuta a mettersi in contatto con le persone giuste». Quanto sarebbe bello disporsi con animo diverso per meglio conoscere la realtà e le persone che ci circondano!

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