Parole forti contro la corruzione

Bisogna usare parole forti, come ha fatto lo stesso Napolitano. Bisogna dire parole chiare, come hanno fatto il cardinal Bagnasco e lo stesso Benedetto XVI, all’Angelus. Sembra un pozzo senza fondo. Emerge un malaffare diffuso, ramificato, multiforme. Per di più ha come protagonisti personaggi modestissimi e arroganti, arricchiti con i soldi pubblici, faccendieri affaccendati ad intermediare favori e trarne lussi da ostentare per garantirsi complicità e nuove prebende. E’ la squallida banalità dell’immoralità. E proprio per questo è più irritante e anche più difficile da estirpare.Per questo si deve continuare a scavare e ad indignarsi: la stagione della spending review applicata ai costi della politica, che ormai la gente ritiene uno dei principali meriti del governo attualmente in carica, deve produrre effetti duraturi. Perché vanno bene gli arresti, le condanne, ma è il sistema che va ri-orientato.E qui viene il difficile. Servono infatti delle condizioni, dei presupposti. Servono istituzioni, forti, legittimate, efficienti. Purtroppo in Italia le istituzioni sono tradizionalmente deboli: nell’arco degli ultimi vent’anni, equamente distribuiti tra centro destra e centro sinistra, si sono ulteriormente deteriorate. Forze politiche gracili e mediocri hanno unanimemente introdotto e praticato il cosiddetto spoils system, con il risultato di livellare al basso, moralmente e operativamente, apparati e burocrazie, sempre più pagate nei vertici, di nomina politica, e trascurate nei ranghi medio-bassi. Siamo riusciti a realizzare il peggio dei modelli che abbiamo scopiazzato, quello americano e quello continentale europeo. Privatizzando – e decentrando - senza responsabilizzare abbiamo dilatato i costi e creato pasture incontrollabili per turbe di voraci mediocrità.Si tratta, molto semplicemente, di riavviare un processo di normalità, di onestà. Che però non può essere indolore. Per essere vero deve presupporre dei tagli, non finti, o di facciata. Servono parole chiare, su ciò che è bene e ciò che è male. E fatti. Sennò restiamo alla retorica ed alla pantomima sulla cosiddetta “antipolitica”, con il fustigatore di costumi di turno.E allora ci sono tre questioni. La prima è sui controlli, che non possono essere affidati solo alla sanzione giudiziaria, ma caratterizzare tutta la filiera dell’allocazione dei fondi pubblici. La seconda sulla qualità delle persone. Ogni classe politica tende a reclutare propri simili e dunque la qualità del reclutamento tende a decrescere. Ormai abbiamo toccato il fondo e dunque occorre fare entrare aria nuova e nello stesso tempo attrezzarsi per una nuova offerta politica. L’ultima e fondamentale questione è sulla moralità. Che non si può certo stabilire per decreto, ma si deve reclamare con tutti i mezzi. La decadenza di cui si parla per l’Italia infatti comincia proprio di qui.Il tempo è finito e, a parte qualche galeotto in più, ad affollare carceri tragicamente sovraffollate, siamo già in ritardo.

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