Paolo VI e l’inutile strage

Oggi, 6 agosto, nella festa liturgica della Trasfigurazione, si ricorda il 50esimo della pubblicazione della prima Enciclica di Papa Paolo VI, la “Ecclesiam suam”, presentata il 6 agosto del 1964, esattamente 14 anni prima della morte di Papa Montini, avvenuta il 6 agosto 1978. Si tratta di una Enciclica famosa e importante, che contiene, è stato detto, una specie di carta programmatica del ministero petrino di Paolo VI.Ai numeri 16-17-18 l’Enciclica si sofferma sul tema della pace, con un breve capitolo intitolato “Assiduo e illimitato zelo per la pace”. È bene rileggere questa Enciclica e questo capitolo mentre ricordiamo il 100esimo anniversario della Prima Guerra Mondiale, diventata tale il 4 agosto 1914, con la dichiarazione di guerra dell’Inghilterra alla Germania dopo gli eventi seguiti all’attentato di Sarajevo.Fra gli interventi, gli studi, i saggi sul tema della guerra, avremo notato tutti, credo, l’articolo di Ernesto Galli Della Loggia, su “Il Corriere della Sera” del 4 agosto scorso, dal titolo “La memoria cancellata”, in cui l’illustre autore confronta tre interpretazioni della Grande Guerra: quella di Papa Benedetto XV (la inutile strage), quella del Presidente americano Wilson (ultimo scontro fra libertà e tirannide) e quella di Lenin ( lotta intestina del capitalismo).Galli Della Loggia ritiene che abbia avuto la meglio la interpretazione di Benedetto XV lasciando le altre due alla memoria degli archivi. Mi permetto sul tema due brevi osservazioni del tutto personali e opinabili, su cui penso sia opportuno riflettere.La prima può essere di carattere storico: io non so se l’interpretazione del Papa sia effettivamente prevalsa nella mentalità comune, so però che le guerre non sono mai finite e quindi che, anche se il giudizio di Benedetto XV viene ripetuto giustamente in positivo, nel frattempo però in tutto il mondo i conflitti continuano ad insanguinare i rapporti fra i popoli. Citare la seconda Guerra Mondiale con 50 milioni di morti, ma anche i conflitti dei nostri tempi sembra del tutto ovvio e naturale.La seconda osservazione può riguardare la convinzione, mia ma anche di altri, che non appare contraddittorio convenire convintamente sulla interpretazione di Benedetto XV e al tempo stesso, ad un altro livello, riconoscere la plausibilità almeno parziale di altre interpretazioni, come ad esempio quella di Wilson.Credo che i cattolici condividano il giudizio negativo sulla guerra e al tempo stesso riconoscano la testimonianza coraggiosa di tanti, soldati-cappellani-gruppi di carità, che nella Prima Guerra Mondiale hanno dato la vita per i fratelli nel nome di Cristo. O che riconoscono che la guerra, sempre negativa, ha di fatto consentito ai cattolici la partecipazione al cammino unitario della nostra Italia, avviando a soluzione o almeno guardando con altri occhi e sempre deprecando la guerra, i problemi del Risorgimento che hanno segnato i decenni precedenti.L’occasione che le commemorazioni offrono, quest’anno in particolare, può aiutare a conoscere la storia, ad approfondire le cause degli eventi, le connessioni e le responsabilità anche di decisioni sbagliate, aiutando le nuove generazioni a capire da dove vengono e dove vanno.E inoltre gli eventi, anche quelli negativi come le guerre, possono aiutare a riscoprire i valori veri, che per noi vengono dal Vangelo e che possono essere reperiti come legge di diritto naturale, nel profondo della coscienza.L’invito di Benedetto XV e quello di Paolo VI, come anche quello degli altri pontefici, aiuta a cercare e a difendere la pace nella giustizia, anche nei nostri giorni e per i nostri tempi. E le parole di papa Francesco di domenica scorsa non possono che confermare questo impegno.

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