Orti urbani, Lodigiano e consumatori

Oggi è tanto di moda enfatizzare, anche all’interno degli stessi movimenti ambientalisti, i cibi a chilometri zero, intendendo per tali quelli consumati negli stessi luoghi di produzione. Le ragioni sono ovvie: i lunghi trasporti incidono pesantemente sull’inquinamento dell’aria e sul riscaldamento globale. E’ una raccomandazione giusta fino a un certo punto, perché chi è incline ai piaceri della dieta mediterranea oppure predilige, tanto per fare un esempio, un buon bicchiere di barbera, il pomodorino a grappolo, il carciofo romano o il pecorino sardo, i chilometri zero se li può soltanto sognare. Lo stesso vale ovviamente per un siciliano o un calabrese che non vuole rinunciare alle delizie del grana lodigiano, del mascarpone o del pannerone. Nondimeno, in passato, erano le campagne circostanti ai centri urbani che garantivano l’approvvigionamento delle città, almeno per la frutta e gli ortaggi più comuni, e un’identica funzione di autoconsumo e piccolo commercio locale svolgevano perfino le “ortaglie” ubicate entro la cinta muraria, come spiega Giuseppina Dragoni scrivendo un’intensa pagina di storia sui Bastioni di Somaglia (“il Cittadino”, 10 febbraio 2011).

Ho fatto questa lunga introduzione per significare che in molti casi i precetti della sostenibilità scontano stridenti contraddizioni o sono semplici slogan.

Come facciamo a invocare i chilometri zero se le cinture urbane giorno dopo giorno sono ingoiate dal cemento, al punto che il nostro Paese è obbligato a coprire una parte importante del fabbisogno alimentare con prodotti che arrivano da Paesi molto lontani o addirittura da altri continenti? E poi, che senso ha contare i chilometri che il cibo percorre prima di giungere alla nostra tavola, quando è risaputo che il lavoratore pendolare percorre strade interminabili prima di timbrare il cartellino in fabbrica o in ufficio? Ha un senso logico vivere a Lodi e lavorare a Milano oppure vivere a Maleo e lavorare a Lodi? Concordo, però, sul fatto che il cibo è prodotto per essere mangiato preferibilmente sul posto e non per essere sballottato a bordo dei Tir o nella pancia di smisurati cargo.

Qualcosa forse sta cambiando. Expo 2015 pone come momento qualificante l’esaltazione della funzione agricola delle periferie a sostegno del mercato urbano o metropolitano, come pure il recupero delle tradizioni culturali e gastronomiche delle comunità locali. Negli U.S.A. il presidente Barack Obama ha disposto l’allestimento di un orto familiare nei giardini della Casa Bianca, e questo ha ovviamente un alto valore simbolico e una forte ricaduta sul piano mediatico ed educativo. L’orto non è un hobby o un fatto economico, ma qualcosa di più, perché esprime l’amore per la natura, per una vita sana e per il cibo genuino. E’ indubitabile che la cura dell’orto avvicina gli uomini all’agricoltura e alla terra.

E’ appena il caso di rimarcare che il cibo a chilometri zero deve avere un’origine locale certificata e controllata all’interno delle unità produttive e delle rispettive forme di regolamentazione: spacci aziendali e cooperativi, agriturismi, aziende biologiche, ecc.). Quanto è il loro peso sul totale dei cibi consumati in un anno in Italia? Non esistono dati in proposito, ma è lecito arguire che esso è molto modesto. Basta passare in rassegna i principali dati della spesa familiare per accorgersi, nel Lodigiano come in altre aree geografiche, che la maggior parte dei cibi consumati (frutta fresca e secca, ortaggi, vino, latte, carni, insaccati, aceto, olio, ecc.) non è a chilometri zero.

Il punto di equilibrio è il consumatore. Esso sceglie la qualità, che è alla base dell’eccellenza alimentare del Made in Italy. Nella misura in cui tale requisito non può essere soddisfatto dai cibi locali, la scelta si orienta obbligatoriamente su quelli provenienti dal territorio nazionale o dall’estero, che passano dai circuiti dell’industria e della grande distribuzione.

Per finire, se i Lodigiani hanno un debole per bresaola, salame felino e culatello, non devono sentirsi in colpa. Come dicevano gli antichi, è tutta una questione di misura.

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