Ora l’Italia esca dalla bambagia

In un Paese popolato ancora da Guelfi e Ghibellini viene in aiuto un aforisma di un abitante delle isole Mauritius, Malcom de Chazal: “Per sostituire un savio se ne troverà sempre un altro. Soltanto i pazzi sono insostituibili”. Vi è l’impressione, in questi convulsi giorni che sta vivendo la politica del nostro Paese, che ci sia uno scollamento tra i savi (che per fortuna sono ancora la maggioranza del Paese) e i pazzi che sembrano essere insostituibili. L’auspicio – prima di esaminare numeri indicativi dell’economia – è che i savi riescano a entrare nelle stanze frequentate dai pazzi per contaminare una classe politica che sembra vivere al di fuori del Paese.Il termometro che misura la salute del sistema-Italia è rappresentato da due grandezze: la bilancia dei pagamenti e la posizione patrimoniale sull’estero. La bilancia dei pagamenti segnala, anno per anno, se un Paese vive al di sopra o al di sotto delle proprie possibilità. La posizione patrimoniale sull’estero segnala, invece, gli effetti cumulati negli anni dai movimenti della bilancia dei pagamenti.I numeri non sono incoraggianti: la bilancia dei pagamenti è negativa nel conto corrente (merci, servizi, redditi, trasferimenti) che era, prima dell’estate, compensato dagli afflussi del conto finanziario. In pratica il saldo negativo del conto corrente era compensato con l’indebitamento verso i non residenti; indebitamento che avveniva con l’acquisto da parte di non residenti di titoli di debito (prevalentemente di quello pubblico) e di attività reali (terreni, fabbricati aziende vedi Parmalat). La crisi di fiducia nei confronti del sistema-Italia iniziata in estate ha prosciugato questo canale di finanziamento: nel solo mese di agosto i non residenti hanno effettuato disinvestimenti netti per 21 miliardi concentrati soprattutto sui titoli di debito pubblico (17,8 miliardi).Sempre al 31 agosto la posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia era passiva per 417,1 miliardi che corrispondono al 26,6 % del Pil di oggi, nel 2001 prima di adottare la moneta unica tale posizione era positiva per 30,7 miliardi il 2,5% del Pil di allora. Ci troviamo quindi con un Paese molto indebitato in cui i debiti continuano a cumularsi. Un confronto per singole voci – non proprio preciso perché fatto paragonando periodi diversi – evidenzia quanto segue. Nelle merci il deficit, degli ultimi 12 mesi terminati in agosto 2011, è pari a 25,6 miliardi (era 17,4 miliardi nel 2001). Nei servizi il deficit è pari a 8,9 miliardi a fronte di un sostanziale pareggio: è fortemente peggiorato il settore trasporti (vedi l’esempio della vicenda Alitalia), inoltre l’aumento dei viaggi all’estero dei residenti è risultato superiore a quello dei non residenti che vengono in Italia. I redditi, da lavoro e da capitale, sono negativi per 10,1 miliardi (-11,6 miliardi); il miglioramento è da attribuire ai bassi tassi d’interesse pagati in questi anni grazie all’euro (uno dei tanti effetti positivi dell’euro fino ad ora sottaciuto e che riscopriamo ora che i tassi salgono). Il peggioramento dei trasferimenti unilaterali negativo per 14,8 (-5,7) è l’unico che non dipende da noi: l’ingresso dei nuovi Paesi nell’Unione europea che hanno, finora, redditi mediamente più bassi dei nostri ha comportato una diminuzione dei contributi che l’Unione europea ci attribuisce.Il sistema-Italia, composto da famiglie, imprese e settore pubblico, dopo l’ingresso nella moneta unica ha perso in parte l’entusiasmo e la tensione che lo aveva contraddistinto negli anni precedenti l’ingresso. L’appartenenza a un area monetaria unica con politiche fiscali e legislazioni diverse ci ha fatto vivere nella “bambagia”. La Germania insieme ad alcuni Paesi si sono impegnati e hanno continuato ad accumulare attivi di bilancio che hanno compensato i debiti da noi prodotti. Per alcuni anni ciò è stato possibile essendo coperti dall’ombrello dell’euro ma da alcuni mesi gli altri Paesi ci chiedono di agire tempestivamente con le sole politiche a nostra disposizione: quelle fiscali e normative. Ci controllano ogni minuto i non residenti che a fine giugno possedevano circa 750 miliardi debito pubblico dello Stato italiano che ora chiedono interessi più alti e in alcuni casi non sottoscrivono più i nostri titoli di debito per mancanza di fiducia. È giunto il momento in cui i “pazzi”, oltre ai savi che già lo sanno, comincino a rimboccarsi le maniche per lavorare di più o meglio produrre di più, andare in pensione più tardi (senza esagerare), consumare di meno impegnandosi a comprare italiano dove possibile e a produrre italiano (dedicato agli imprenditori) dove c’è domanda ma non c’è offerta. Buon autunno 2011.

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