Ombre d’occaso su liturgia e cultura

In una rivista dedicata al clero, appena pubblicata e assai diffusa, è dato di leggere un testo in memoria di un sacerdote scomparso, ove l’augurio della vita perenne in Dio è scritto in lettere di gran risalto, così: requiescat in pacem. In questi casi, se uno vuol compiere una buona azione, attribuisce a disavventura di stampa l’erroneo accusativo, da correggere, in ablativo. Va detto, en passant, che in quest’ultimo errore non cadevano neppure le persone incolte, in altri tempi, quando la sublime preghiera del Requiem aeternam nutriva in modo assiduo la fede, i più intensi affetti e la pietà dei cristiani. Ora, invece, svarioni, come quello qui segnalato, irrompono spesso sia nelle citazioni di formule provenienti dall’antica prassi della liturgia in latino, sia dalla sventurata volontà di personaggi noti – in molti casi del mondo politico - che, desiderosi di apparire colti, sentenziano massacrando frasi a noi giunte dalla cultura dei classici.Rimandando, almeno per oggi, il proposito della buona azione, presto invece ascolto a quanto mi insinua il piccolo demone, che ricorre anche allo scherno. Mi dice, infatti: «come fai a non capire che, almeno i politici da te sopra citati, si muovono (come di consueto) con furbizia e calcolo, dando, cioè, per scontato, che uno sbaglio, da parte loro, di una citazione in latino, potrà essere avvertito ben da pochi, e sarà, quindi, totalmente irrilevante. I più saranno invece attratti dalla loro ostentata cultura. Resta comunque sempre possibile, da parte nostra, muoverci in più elevati e generosi pensieri, ritenendo che, nello sfondo di tutto questo, operi, con reconditi palpiti, un insieme di sentimenti e di pensieri dettati dal ricordo e dalla nostalgia di un mondo in cui il latino aveva ancora una funzione nobile, come specchio linguistico di un umanesimo cristiano, tipico della civiltà dell’Occidente. Ciò che oggi sta franando, in questo ambito, mi fa pensare al travaglio storico vissuto contestualmente al tramonto dell’impero romano. Anche allora c’erano migrazioni di popoli, nel processo che diede vita all’insieme geografico che è oggi in fibrillazione, e per il quale non si sa bene cosa avverrà.Ricolleghiamoci, ora, al citato augurio di pace dato in claudicante latino. Personalmente mi sento immerso nell’onda di straordinaria bellezza di tante preghiere recitate per decenni, ai tempi dell’antica prassi liturgica. Sono ancora convinto che il passaggio alle lingue nazionali fosse inevitabile e già da molto tempo, ma ciò non toglie che, meditando sulle cose, ci si accorga di ciò che, mutando, è andato perduto. Forse ciò è fatale, ma proprio per questo è necessario coglierne il senso e non chiudere gli occhi su quanto, nel volgere delle cose, si è dimostrato parassitario e non positivo, rispetto a ciò che pur doveva essere compiuto. Imprevedibile, ad esempio, è stato, per me, l’uso, ora fortunatamente un po’ in declino, di intervenire, da parte del celebrante e a suo gusto, sui testi liturgici della messa in italiano, magari nell’intento di vivacizzarne il senso, superando la possibile assuefazione e la monotonia.Mi inchino – se è il caso – alla bontà delle intenzioni, ma nessuno potrebbe negare la pericolosità della prassi, come risulta da ciò che, di fatto, avviene. Sono passato, in questi decenni, in molte città d’Italia, prendendo parte a celebrazioni eucaristiche. Conservo vivo il ricordo di situazioni, non tanto infrequenti, in cui non ho potuto evitare sussulti e fibrillazioni. Venivano, infatti, indubbiamente violati certi contenuti di fede, come pure, nell’improvvisazione, i diritti della grammatica e della sintassi. Dovevo anche resistere, in quelle situazioni, agli assalti del piccolo demone, che mi sussurrava: ma questo signore, che sta celebrando, obbedisce a impulsi di retta intenzione o è preda di un infausto protagonismo? Non pronuncio sentenze. Strizzo l’occhio ai consules, ciò a quelli che una volta venivano chiamati superiori e di cui si diceva: videant. Videant, ovviamente, per provvedere. Ma ciò, oggi, è ancora possibile?

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