Non vinca chi grida più forte

All’approssimarsi di una scadenza elettorale, puntualmente auspichiamo che i toni della comunicazione politica siano corretti e adeguati a un’efficace comprensione da parte dei cittadini. E puntualmente veniamo smentiti da leader di partito e candidati che proprio non ce la fanno a rispettare le regole essenziali per qualunque dibattito o comunicazione in pubblico. Non solo: chi ha più potere economico istituzionale, ne approfitta e lo sfrutta uscendo disinvoltamente dal proprio ruolo per dare manforte ai candidati della sua parte.La campagna elettorale per le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio non si è sottratta a questa regola. Se il “clou” è stata un’accusa infamante e falsa lanciata da Letizia Moratti a Giuliano Pisapia in diretta tv durante gli ultimi secondi di un dibattito (senza spazio per alcuna replica), l’intero periodo di avvicinamento al voto è stato scandito da toni urlati ed eccessi verbali. I manifesti commissionati dal candidato Lassini contro i giudici milanesi sono stati soltanto l’esempio più eclatante.La novità non è in questo becero stile, che nell’imminenza del voto sembra travolgere qualunque buon senso in nome di un consenso da conquistare a tutti i costi, ma nella risposta popolare. Per la prima volta in maniera netta e decisa, gli elettori hanno scelto di non premiare chi si è lasciato andare a insulti, offese e critiche infondate.Il risultato del primo turno elettorale a Milano ne è la dimostrazione. La Moratti partiva favorita, perché è il sindaco uscente, perché è sostenuta dalla maggioranza di governo, perché Milano ha una lunga tradizione di sindaci del centrodestra, perché ha potuto investire nella campagna elettorale risorse economiche molto superiori a quelle di Pisapia, suo avversario diretto. Eppure l’esito dell’urna, almeno al primo turno, non l’ha premiata.Dopo il primo spoglio, il suo staff ha deciso di cambiare la squadra di consulenti che fino a quel momento aveva gestito la campagna elettorale, affidandosi ad altri professionisti per una comunicazione dai toni più pacati in vista del ballottaggio. Ma i modi sembrano essere rimasti sul piano dell’eccesso.Anche a Napoli, altro capoluogo importante in cui si andrà al ballottaggio, i toni dello scontro fra Lettieri (Pdl) e De Magistris (Italia dei Valori) sono stati molto accesi, con accuse reciproche e tentativi di influenzare il voto popolare mettendo paura ai cittadini rispetto alle eventuali scelte nefaste dell’avversario, se eletto. Nell’imminenza del voto, la strategia di comunicazione ha un’importanza fondamentale soprattutto nell’indirizzare le scelte degli indecisi e per questo difficilmente si rinuncia al colpo a effetto. Ma probabilmente gli elettori, a furia di essere puntualmente delusi dalle promesse dell’ultimo minuto, si sono fatti più furbi e sono sempre meno disposti a cadere nel tranello di chi parla alla loro pancia più che alla loro testa.L’esito del ballottaggio a Milano, in modo particolare, per ammissione di tutti i leader politici sarà una sorta di giudizio destinato a ripercuotersi inevitabilmente sugli equilibri nazionali e sulla stessa tenuta del governo Berlusconi. Ci piace sperare che vincerà non chi grida più forte o chi offende di più l’avversario, ma chi rispetta l’identità e la coscienza dei cittadini a partire dalla correttezza dei toni e dei modi con cui si rivolge loro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA