Non venga meno la fiducia

Lo spread che si amplia, le Borse che calano, i miliardi «bruciati», le statistiche che aggiungono sconforto... C’è di che impaurirsi. Ma non bisogna terrorizzarsi, cedere al panico, vedere tutto nero e soprattutto agire di conseguenza. L’Italia è investita da una tempesta che sta facendo e farà danni; ma non è il diluvio universale. E pure dopo il diluvio è tornata la vita. Siamo sopravvissuti ad una guerra mondiale devastante, sapremo reagire pure ai Btp arrivati al 7%.Non è filosofia o sfoggio di ottimismo di maniera. È la constatazione che il Paese sta vivendo un momento difficile, ma che ha pure tutte le risorse per uscirne fuori. Un momento difficile originato quasi tutto dall’incredibile sottovalutazione dello stesso da parte di una classe politica che ora pare avvertita della situazione. Magari darà il meglio di sé, come sempre accade a noi italiani nei momenti difficili. Le istituzioni si stanno muovendo, ci conforta il fatto che tutti appaiono avvertiti della situazione e nessuno più minimizza o fa finta di niente.Ma ad ispirarci ottimismo è soprattutto il fatto che il sistema-Italia in questo momento è attaccato da una grave polmonite, non da una metastasi tumorale: da qualcosa da cui si può guarire, insomma. Il corpo tutto sommato è sano: abbiamo un patrimonio immobiliare notevole, e di notevole valore. I nostri mattoni non stanno nelle sperdute e scollegate pianure ungheresi, ma dentro uno dei Paesi più belli al mondo, nella settima potenza industriale del pianeta. Almeno come garanzia, il nostro mattone qualcosa vale.Dentro i conti correnti bancari ci sono 1.300 miliardi di euro di liquidità. Sarà come il pollo di Trilussa, ma intanto il tutto vale come il Pil di una ventina di Paesi africani messi assieme. Metà dei titoli di Stato sono nelle nostre mani, e non si capisce perché lo Stato appunto non dovrebbe rimborsarli a scadenza. Il debito pubblico è enorme, ma sotto controllo; il deficit di bilancio (il rapporto tra spese e entrate) è in calo; esportiamo i nostri prodotti meglio di qualche anno fa, importando appunto ricchezza e lavoro. E lo faremo ancora di più in futuro: le cronache e le statistiche ci raccontano che le nostre aziende sono scatenate nella ricerca di nuovi mercati, di nuovi fatturati.Certo, c’è da mettere ordine in casa nostra, e da governare con l’intelligenza di accompagnare questa crescita di ricchezza, che si tradurrà poi in più lavoro, più redditi, più risorse da ridistribuire. Diamo fiducia a chi è chiamato a governarci e non in modo aprioristico, ma perché è la migliore cosa da fare oggi. A tirare i remi in barca non si va da nessuna parte.Nel nostro piccolo, impariamo ad usare di più il cervello, sforzo che non costa niente. Ad esempio: la prima cosa da valutare nell’acquisto di un prodotto è sempre il suo rapporto qualità-prezzo. Oggi però non dimentichiamoci di valutarne, a valle, una seconda: da chi viene? Chi ci guadagnerà da questa mia scelta? Favorire l’Italia non è mero esercizio nazionalistico o protezionistico: scopriremo quello che in tutto il mondo già sanno, e cioè che i nostri prodotti e servizi sono tra i migliori del pianeta. Insomma: fiducia. Che è proprio quella che non abbonda oggi, quella che letteralmente ci consentirà di uscire da questo pantano. I «mercati» non stanno svendendo Btp perché fanno schifo, ma perché non c’è #c’era# fiducia nella capacità italiana di uscire dal pantano. Ricreiamo il circolo virtuoso della fiducia, ne avremo tutti da guadagnare. Quasi tutti, in realtà. La speranza è quella di uscire da questo tunnel, ma quando ne saremo fuori dovremo fare i conti con chi, tendendoci la mano in segno di aiuto, in realtà con l’altra ha tenuto più volte la nostra testa sott’acqua. Perché purtroppo dietro a questa crisi finanziaria c’è pure una fortissima manovra per «mangiarsi» la parte più sana e redditizia d’Italia a prezzi di saldo. Dietro quella mano, posata soprattutto sul nostro sistema bancario, c’è un freddo sorriso teutonico...

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