Non si studia soltanto a fine anno

«Fate i compiti questa estate per essere preparati alla ripresa di settembre» è l’invito che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha rivolto non agli studenti con giudizio sospeso, come potrebbe apparire, ma ai politici in crisi di astinenza da vacanza. Pare che il Parlamento questa estate rimarrà chiuso per soli pochi giorni. I problemi che il nostro amato Paese sta attraversando sono tali e tanti da costringere ministri e parlamentari a un tour*preside del’Istituto de force fuori da ogni tradizione balneare. Mare e monti possono aspettare. Un invito che ben si addice anche ai tanti ragazzi impegnati in questo periodo nei corsi di recupero organizzati dai diversi istituti superiori per far fronte agli esami di riparazione e presentarsi a scuola a settembre con rinnovato entusiasmo. E’ vero. L’estate è la stagione del riposo, o quanto meno di un temporaneo relax necessario a spezzare, sia pure per un breve periodo, il ritmo di lavoro che talvolta si consuma tra stress e tensioni. Ha ragione Marshall McLuhan, sociologo delle comunicazioni di massa, «staccare la spina» ogni tanto fa bene alla salute. Per uno studente, poi, lo stress e le tensioni si accumulano soprattutto nell’ultimo periodo dell’anno scolastico quando più che in ogni altro periodo si presenta la necessità di recuperare il terreno perduto per l’intero quadrimestre. E’ questa una cattiva abitudine molto diffusa tra gli studenti e tuttavia dura a morire. Il perché di questa scelta è un mistero tutto da scoprire. Sembra che nasca da un’antica tradizione comportamentale. Il primo quadrimestre è quello propizio a dimostrare quanto si vale, ma è anche vero che è questo il periodo in cui emergono grossi problemi di scelta di indirizzo scolastico. Poi arriva il secondo quadrimestre. E’ il periodo meno convincente dal punto di vista dell’impegno. In questo periodo si concentrano le uscite didattiche, i viaggi di istruzione, i periodi di vacanza, le bigiate stagionali, i periodi di malanni primaverili e chi più ne ha, più ne metta. Lo studio è proprio in questo periodo che soffre maggiormente di costanza, di continuità. Infine arriva il mese di maggio e con esso la consapevolezza della situazione che si va delineando. Comincia a crescere la preoccupazione di non farcela o di portarsi a casa qualche materia da recuperare. Con questa consapevolezza che sboccia in primavera inoltrata come le rose mariane, sboccia anche la convinzione di rincorrere il tempo perduto o il tempo inutilmente trascurato per portare a casa il miglior risultato possibile. Si moltiplicano le ore di studio, ma anche l’aporia delle troppe assenze pari a un ostacolo che si frappone tra il docente e lo studente redento. Aumentano le richieste di interrogazioni per mostrare una buona capacità di recupero in zona cesarini. Tutto questo bel da fare studentesco è causa di stress a motivo del quale non solo si rischia di affaticare la mente, ma si rischia anche di portare confusione proprio là dove viene richiesta una salvifica razionalità. Il risultato è immaginabile. Non disperatevi ragazzi! E’ stato sempre così. Ce lo racconta Platone nel «Protagora» a proposito di Epimeteo, ovvero «colui che riflette in ritardo». Pare che Epimeteo invitato a distribuire equamente tra gli esseri viventi le risorse vitali, nonostante ce la mise tutta per aiutare gli esseri viventi, finì col fare confusione donando «tutto agli esseri privi di ragione e nulla al genere umano». Il risultato fu che anche Epimeteo fu bocciato da Prometeo. Tuttavia è la parte finale dell’anno scolastico quella più ricca di inventiva e iniziative. Cominciano le offerte che i ragazzi fanno ai docenti per recuperare, rivelandosi le più originali e nello stesso tempo le più impegnative. Nascono così le ultime chance offerte in cambio di sacrifici estivi. E’ il trionfo del last minute scolastico. Non manca chi si affida a qualche santa spintarella, invocandola come l’unica opportunità per non perdere l’anno e andare nel campo dei sospesi (una specie di limbo) preferito al campo dei non ammessi dove rabbia e collera regnano sovrane. Le invocazioni si moltiplicano e con esse si materializza la sensibilità del docente. Sacrifici ben accolti anche se edulcorati da proverbiali spintarelle. Ma i ragazzi dimenticano che non sempre la spintarella si rivela determinante al fine di evitare di perdere un anno. La spintarella impegna chi la dà, ma anche chi la riceve. Talvolta, però, si rivela un disastro. C’è chi per una spintarella ha perso persino la vita. Ed è ciò che è capitato al buon Protesilao, un valoroso principe al seguito dell’esercito greco impegnato nella guerra di Troia. Racconta Omero nell’Iliade che Teti madre di Achille pur di salvare suo figlio dalla furia di Ettore preferì trattenere per un braccio Achille mentre scendeva dalla nave e dare, invece, una spintarella a Protesilao che finì dritto sulla spada dell’eroe troiano. Meglio, quindi, a questo punto affidarsi al proprio intuito e capire quando è il momento buono per studiare, il momento buono per divertirsi, il momento buono per rilassarsi. Anche ogni stagione della vita ha il suo momento. Da ragazzi vige solo il momento dell’impegno nello studio per poi affrontare il momento delle responsabilità. Così è stato per il nostro Presidente della Repubblica quando nel recente passato ha affidato il governo al prof. Mario Monti, così è quando oggi invita i parlamentari a trascurare le vacanze per far fronte ai gravi problemi del nostro Paese. Ma così è anche per gli studenti che dovranno a un certo punto sentire il peso delle responsabilità legate alle scelte che fanno. Certi ragazzi decidono di dedicare allo studio solo l’ultima parte dell’anno scolastico? Ebbene sappiano costoro che il rischio è elevato e che non sempre ci si può affidare alle sensibilità dei docenti o alle spintarelle viste come risolutrici dei propri guai. Ho dimostrato che non sempre questi sistemi si presentano come ottime soluzioni. Anzi. Il più delle volte sono proprio questi sistemi che al contrario presentano il conto fino a spingere i ragazzi in fondo a qualche vicolo cieco. Mi vien voglia di citare Nietzsche (anche se non mi piace) quando dice: «In queste circostanze io ho un dovere contro cui si rivoltano le mie abitudini, e cioè quello di dire: Ascoltatemi!». Appunto.

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