Non servono nuovi vestiti per l’imperatore

Nelle ultime settimane il tema della sanità è tornato al centro del dibattito politico a livello regionale, ma più che sui contenuti dell’offerta di prestazioni sanitarie a beneficio dei cittadini lombardi l’attenzione sembra essersi concentrata esclusivamente sugli aspetti gestionali ed in particolare sulle forme di organizzazione territoriale. Le proposte che sono state avanzate, peraltro tutte ancora in modo informale, si basano infatti sulla razionalizzazione della rete di Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie, puntando alla riduzione del loro numero tramite accorpamenti. Sei parametri di questa razionalizzazione saranno esclusivamente numerici, con le sue dimensioni territoriali piuttosto contenute ed una base demografica relativamente esigua, in rapporto agli oltre 9 milioni di residenti dell’intera Lombardia, il Lodigiano sembra quindi inevitabilmente destinato a perdere qualsiasi forma di autonomia nella gestione sanitaria e ospedaliera, e francamente poco importa se ad “assorbirci” potrebbe essere Pavia piuttosto che Cremona. Trovo infatti di poca sostanza le distinzioni che alcuni hanno già fatto sulla convenienza e l’opportunità di finire inglobati in questa o quell’altra area territoriale, posto che il Lodigiano si colloca in un contesto, quella della bassa Lombardia, che presenta caratteristiche socio-economiche omogenee e non esiste nessun fattore concreto che possa determinare la più o meno naturale “affiliazione” a questa o quella realtà con noi confinante. Temo, invece, che questo approccio “identitario” al tema della sanità rischi di generare l’ennesima deriva campanilistica, un gioco che peraltro, come si dice, non vale la candela, se la “posta” è solo quella di scegliere a chi sottostare. Molto più efficace e funzionale all’obiettivo di razionalizzare la rete gestionale della sanità lombarda sarebbe invece la scelta di abbandonare l’attuale modello organizzativo, basato sulla divisione tra Aziende Sanitarie e Aziende Ospedaliere, a favore di un modello che integri queste due funzioni in un’unica realtà, valorizzandone la complementarietà e stabilendo come prassi quotidiana il dialogo tra domanda e offerta di prestazioni, tra analisi dei bisogni sanitari ed elaborazione di risposte organiche a questi bisogni.Su questo terreno, la sanità lodigiana ha già maturato un’importante esperienza nel recente passato, ottenendo riscontri positivi, prima che questa peculiarità locale (che rappresenta la norma a livello nazionale, ma che in Lombardia si distingueva come “sperimentazione”) venisse cancellata, sulla base di considerazioni di merito impalpabili e dando semplicemente luogo ad una duplicazione di apparati che oltretutto stride rumorosamente con l’esigenza di semplificazione e riduzione dei costi della pubblica amministrazione apertamente e giustamente reclamata dall’opinione pubblica. Fortunatamente, la consolidata prassi istituzionale del Lodigiano, in cui la disponibilità alla collaborazione e l’apertura al confronto sono valori affermati e che trovano testimonianza quotidiana, ha impedito che questa immotivata scissione pregiudicasse la visione d’insieme delle problematiche sociosanitarie, grazie anche all’impegno degli enti locali ed all’efficace ruolo di coordinamento del Piano di Zona, ma c’è da domandarsi con qualche preoccupazione quali potrebbero essere le conseguenze dell’ennesima rivoluzione organizzativa, ancor più se la “fusione per incorporazione” della sanità lodigiana avvenisse a mo’ di spezzatino, eventualità che purtroppo non si può del tutto escludere, a dar retta alla ridda di ipotesi “geosanitarie” apparse sulla stampa nelle ultime settimane. È quindi opportuno che il territorio, in tutte le sue espressioni, ribadisca il valore essenziale che attribuisce all’impegno unitario su una tematica tanto delicata, che incide quotidianamente sul vissuto delle persone, ponendosi l’obiettivo di preservare la compattezza e l’efficienza della rete costruita sul territorio tra la funzione sanitaria, quella ospedaliera e quella di indirizzo da parte degli enti locali, che rappresentano i bisogno e difendono gli interessi della nostra comunità.Ciò di cui si avverte l’esigenza, infatti, non è disegnare nuovi vestiti per l’imperatore, ma fare in modo che la “coperta” della sanità dia davvero riparo a tutti.

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