Non hanno la capacità di sognare

È doveroso all’inizio di questo nuovo anno scolastico ricordare due persone che non potranno più frequentare il Collegio San Francesco: Chiara Colombo, 8 anni e Stefano Raimondi, 20 anni. Non entro nel merito delle motivazioni della morte di queste due giovani vite, certo è che cominciando un nuovo anno non ci si può non interrogare sul senso della vita e sul modo in cui siamo chiamati a educare alla vita.Si dice che la scuola è, o deve essere una palestra di vita, quindi chiedersi come affrontare tutta la vita anche nel suo momento più drammatico e ineludibile è di primaria importanza anche se spinoso o faticoso: la scuola non può barricarsi dietro le nozioni che deve insegnare se non sa trasmettere il modo di affrontare l’esistenza. Certo la scuola non è chiamata a trovare tutte le soluzioni, ma a offrire piste di soluzione sì!Stiamo attraversando un momento sociale, economico e antropologico non so se peggiore che nel passato, sicuramente drammatico. La scorsa indagine Censis sulla società italiana afferma che noi adulti abbiamo rubato la capacità di sognare ai nostri giovani e probabilmente il modo in cui ci hanno lasciato la piccola Chiara e il giovane Stefano forse sono indice di come la nostra società non sappia difendere il suo futuro, forse perché troppo concentrata su se stessa, sui propri privilegi. Sicuramente molti dei miei coetanei o di quanti sono più anziani di me hanno lottato per conquistarsi tali privilegi, ma se tutto ciò porta al non sapere guardare al di là del proprio naso sicuramente c’è qualche cosa che non funziona.È vero, è stata rubata la capacità di sognare dei nostri giovani perciò la scuola non può stare ferma, chiusa su stessa e sulle proprie nozioni. Di fronte ai drammi che tutti conosciamo il corpo docente deve mantenere la spina dorsale eretta, la testa alta e i piedi ben piantati a terra. È vero che nelle scuole di ogni ordine e grado i docenti non sono ben pagati, molti sono ancora precari e spesso devono lavorare in situazioni difficili, ma di fronte alla situazione attuale corpo docente e non docente dovrebbe guardare maggiormente al potenziale umano che gli viene offerto e, anche stringendo i denti, lavorare con passione. Qualcuno deve iniziare a dare segnali di controtendenza!Io non ho vissuto la guerra e il dopo guerra ma, se dopo questi periodi la ricostruzione è stata possibile ciò è accaduto perché nonostante le macerie e i drammi alcune, non poche, persone al di là del proprio censo e credo religioso e politico hanno scelto di lavorare per il bene comune dell’Italia e dell’Europa. Oggi siamo di fronte a un vero e proprio dopo guerra, invisibile, ma presente e guardare soltanto al proprio ombelico non è certo la soluzione migliore.Insegnare e lavorare nella scuola non è una semplice professione, è una missione, è un’arte: se non la si vive così meglio cambiare mestiere.I nostri giovani hanno il diritto di essere educati al senso civico perché saranno i professionisti di domani e non vogliamo che siano come molti professionisti di oggi. I nostri giovani hanno diritto di essere educati a spendere bene il loro tempo, anche quello del divertimento e non vogliamo che rischino la vita a Mikonos o a Riccione.E quando una delle ragazze che mi ha “trascinato” a un campo di lavoro in Albania la scorsa estate mi scrive: “Gianni! L’essenzialità con cui vivono e si divertono i ragazzi e i bambini con cui abbiamo lavorato è da ammirare. Noi paghiamo 30 euro per entrare in un buco buio con luci fastidiose per ballare e bere. A loro bastano delle casse, in un posto qualunque per cantare e ballare tutti assieme. Un po’ li invidio... Grazie prete!”, significa che se sappiamo chiedere molto possiamo ottenere molto.E quando i 500 studenti che ho potuto incontrare nelle scuole superiori di Lodi per RadioLodi Think&play hanno dimostrato voglia di discutere, di andare al di là delle apparenze perché è più importante essere belli dentro che fuori, significa che se sappiamo chiedere molto possiamo ottenere molto.Abbiamo rubato la capacità di sognare ai giovani è vero, ma non possiamo non riprendere a seminare il bene, magari non vedremo i frutti, ma questo non è problema nostro: se riprendiamo ad arare e seminare bene i frutti verranno. Un educatore, quando è tale, non ha paura di svuotarsi per il bene dei propri studenti.Buon anno scolastico a tutti voi, famiglie, docenti e non docenti e… alunni.

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