Non confondere i rifugiati con gli immigrati

L’emozione grande che ha prodotto la tragedia di Lampedusa è stata ben sintetizzata dalle parole di Papa Bertoglio (vergogna) e del Presidente Napolitano (orrore), tanto più che è una vicenda che si ripete pur essendo, questa, la più grande e drammatica (ad oggi 231 cadaveri recuperati). E’ del tutto evidente che siano necessarie modifiche normative a vari livelli e comportamenti nuovi per non ripetere queste sciagure. Le leggi, tutte, anche le migliori, devono essere verificate con i processi reali. Proviamo allora a riflettere superando le reciproche accuse di “buonismo” e “cattivismo” ed a stare al merito. Siamo in presenza di riflessioni serie, ma anche di grandi “polveroni” che rischiano di produrre divisioni su una questione, quella dei rifugiati, che è un fatto di civiltà che dovrebbe vedere il Paese unito. I migranti arrivati a Lampedusa che a stragrande maggioranza provenivano da situazioni di guerra (Somalia, Eritrea) potevano richiedere lo status di “rifugiato”.I rifugiati, infatti, non sono migranti “economici” che cercano di andare in altri Paesi per migliorare la loro situazione (come hanno fatto milioni di italiani). Le politiche migratorie sono complesse ed è comprensibile che vi siano visioni diverse, specificità nazionali e differenze politiche.Per i “rifugiati”, cioè per quelle persone che “temendo a ragione di essere perseguitate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche....e che non possono avvalersi della protezione del loro Paese” (definizione Convenzione di Ginevra del 1951), l’accoglienza è un imperativo e deve essere accettata, trattandosi di un fatto di civiltà. Il “rifugiato” non può essere confuso con i migranti che cercano lavoro e una vita migliore in altri Paesi, è una figura a sé, con una specificità particolare perchè fugge da guerre, da dittature, da torture, dal rischio di perdere la propria libertà. Le normative su questo punto sono rigorose e stabiliscono che chi non è vittima di persecuzione “individuale”, non può essere riconosciuto come “rifugiato”, ma se sussistono i rischi sopra richiamati, abbia comunque diritto a una “protezione umanitaria” sino a che perduri il pericolo per la sua incolumità. I rifugiati non sono perciò assimilabili ai migranti e sono enormemente inferiori dal punto di vista numerico. L’Italia in Europa ha meno “rifugiati” di tutti: sono complessivamente 68.000 contro i 590.000 della Germania, i 220.000 della Francia, i 150.000 della Svezia, i 75.000 dell’Olanda ecc., che hanno più rifugiati di noi provenienti o dai Paesi dell’Est o dalle ex-colonie. Questa tragedia, sia per i rifugiati che per gli immigrati, non deve indurci ad esagerare sugli ingressi dal mediterraneo: dal 2001 al 2013 il Ministero dell’Interno segnala 20.600 immigrati ogni anno di fronte a 340.000 immigrati all’anno provenienti dalle altre frontiere.Per essere riconosciuto “rifugiato” (o avere la protezione umanitaria temporanea) occorre fare richiesta alla Commissioni per lo “Status di rifugiato” e, per molti, rimanere nei CIE, Centri per l’identificazione. Le procedure, con tutte le difficoltà che possiamo immaginare per identificare persone che vengono da paesi lontani, sono però talmente lente, che tale permanenza nei CIE diviene insopportabile, disumana e costosa ed è questo un aspetto da cambiare coinvolgendo Comuni e volontariato. Le norme europee vietano i respingimenti dei “barconi” (e l’Italia è stata condannata nel 2009 dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per un episodio di questo tipo) perchè gli immigrati devono essere identificati individualmente per verificare i possibili rifugiati, oltre che per ragioni umanitarie. Su questo punto la normativa italiana deve essere esplicita e cambiata: l’assistenza in mare è doverosa e non deve produrre alcun reato (compie reato, semmai, chi non aiuta ed accoglie avendone la possibilità). Lo hanno detto in questi giorni i pescatori siciliani: rispettiamo la legge del mare che prevede per tutti un aiuto in caso di bisogno. Come ha confermato in questi giorni l’incontro Letta-Barroso a Lampedusa, anche l’Unione Europea deve modificare le proprie strategie a cominciare dal ruolo dell’Agenzia Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri) che non può essere soltanto uno strumento di vigilanza delle frontiere, ma deve anche svolgere azioni di prevenzione per capire i flussi migratori. Dalla Siria in guerra stanno uscendo 2 milioni di profughi. Possibile che con le tecnologie moderne non si possano individuare questi “barconi” nel Mediterraneo? E perchè non organizzare percorsi “umanitari” predisposti e autorizzati dall’Unione Europea per impedire pericoli e tragedie annunciate eliminando in tal modo le speculazioni degli “scafisti”? Si fa leva sui “rifugiati” per aggirare le normative sull’immigrazione?I dati che ho ricordato rendono ridicolo questo timore, visto che siamo gli ultimi in Europa con 68 mila rifugiati ed ultimi anche nelle normative, visto che siamo l’unico Paese che non ha una legge organica sul diritto di asilo, oggi normato da due articoli della Bossi-Fini.Spero non si facciano barricate ideologiche per difendere il reato di clandestinità e per impedire modifiche normative per una vera legge sul Diritto di Asilo, sollecitata dal Presidente della Repubblica: perseguire le persone non per i reati commessi, ma per una condizione esistenziale (assenza o incompletezza di documenti che si vorrebbero però regolarizzare) definendole “clandestini”, a me pare un’ispirazione prevalentemente repressiva (in Francia non li chiamano clandestini, ma “sans papiers”- senza documenti). Irregolari, ovviamente, ma non delinquenti.Negli anni scorsi, di fronte alla normativa del reato di clandestinità voluto dai Governi di Destra, rischiavano di diventare “clandestini” centinaia di migliaia di “badanti” che si sono poi regolarizzati, dopo le proteste di migliaia di anziani non autosufficienti. Chi vuole regolarizzarsi, entrare nei “flussi programmati” di mansioni utili al nostro Paese, non può essere definito spregiativamente “clandestino”. Tantomeno i rifugiati che, per civiltà dovremmo ospitare, senza distinzioni fra Destra e Sinistra.

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