Nella crisi si intravvede un barlume?

Mentre continuano le difficoltà nel mercato del lavoro negli ultimi giorni sono arrivate due notizie positive, una di natura finanziaria, l’altra dall’economia reale. Si tratta del calo dei tassi di interesse pagati dal debitore Tesoro Italiano che si propagano ai tassi di interesse pagati dalle imprese; inoltre a luglio la bilancia commerciale è tornata ad essere positiva. Nella prima notizia il merito è frutto del lavoro dei due Mario, Monti e Draghi. Il governo italiano sta lavorando per il risanamento dei conti pubblici e la Banca Centrale Europea cerca, con il consenso degli stati, di attuare una politica monetaria espansiva. Senza entrare nei tecnicismi, gli investitori stanno credendo all’impegno, assunto da Mario Draghi, di intervenire per stabilizzare i tassi di interesse pagati dagli stati in difficoltà. Un impegno che riguarda i titoli con vita residua fino a tre anni che può trasmettersi a tutte le scadenze. In sostanza gli stati in difficoltà guadagnano tre anni di tempo per tentare di risolvere i problemi attuali.. Gli effetti si sono già visti nella discesa dei rendimenti. Confrontando i rendimenti odierni con quelli del 9 novembre 2011 (il picco massimo finora raggiunto nel nuovo millennio) ecco quanto ottiene l’investitore che compra i titoli di stato italiani: a) titoli con scadenza a 1 anno tasso attuale 2,10% (tasso al 9 novembre 2011 9,47%); b) titoli con scadenza a tre anni 2,95% (7,68%); c) titoli con scadenza a 5 anni 3,87% (7,65%); d) titoli con scadenza 10 anni 5,08% (7,49%).

Se i tassi si stabilizzano su questi importi il bilancio dello stato migliorerà senza bisogno di ulteriori manovre fiscali a meno che, per scelleratezza, non riparta la spesa pubblica.

Più positivi sono i dati della bilancia commerciale aggiornati a fine luglio. Nei primi 7 mesi dell’anno il saldo commerciale è positivo e raggiunge i 4,4 miliardi di euro. E’ la prima volta che accade dall’inizio del nuovo millennio. Da paese che viveva al di sopra delle proprie possibilità consumando più di quanto produceva siamo diventati un paese che produce più di quanto consuma. Anche questa volta l’economia reale è diventata virtuosa prima del previsto e senza alcun aiuto pubblico. Nei primi sette mesi in volume le esportazioni sono risultate stabili, in diminuzione dello 0,3%, mentre le importazioni sono calate del 9,7%. Dato che i valori medi unitari di vendita e di acquisto sono aumentati rispettivamente del 4,5% e del 4,6% in termini monetari le esportazioni sono aumentate del 4,2% e le importazioni sono scese del 5,6%. Le nostre imprese sono riuscite a vendere nel Mondo senza sacrificare i margini in un contesto difficile di rallentamento dell’economia globale.

Concentrando l’attenzione sulle tipologie di prodotti possiamo osservare:

- gli imprenditori italiani riescono a vendere in maggiore quantità i beni di consumo non durevoli (+6,6%) grazie alla forza del marchio, i prodotti intermedi (+2,8%) grazie all’integrazione con il sistema produttivo tedesco, i beni strumentali (+2,7%), e i beni di consumo durevoli (+1,5%);

- le importazioni calano drasticamente invece su tutte le tipologie di beni partendo da quelli intermedi (-11,6%), strumentali (-11,5%), beni di consumo durevoli (-7,2%), e non durevoli (-1,9%); le cause vanno da ricercarsi nel basso tasso di utilizzo degli impianti industriale che fanno calare gli investimenti in macchinari e nel calo dei consumi delle famiglie che fanno rinviare le spese soprattutto di beni durevoli.

Una voce che diminuisce marcatamente nelle importazioni riguarda l’acquisto di autoveicoli dalla Germania, sarà questo fatto uno di quelli che convincerà i tedeschi a non chiudersi nei loro confini nazionali.

Si alza invece il saldo negativo dei prodotti petroliferi complice una stagione meteorologica pesante (freddo in inverno e caldo in estate); gli investimenti in risparmio energetico che proseguono fanno sperare in un ridimensionamento del deficit nei prossimi mesi.

Ci attenderanno mesi difficili che comporteranno un aumento della disoccupazione, sia con casi noti ai media (Sulcis, Alcoa, Ilva, Fiat), che con quelli che non fanno notizia (la chiusura e le perdite del posto di lavoro nelle piccole imprese); ma incomincia a intravedersi un barlume di speranza purché la si coltivi incoraggiando e non penalizzano le imprese che esportano.

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