Nel Lodigiano 685 negozi obbligati a chiudere dal Dpcm di Conte

E per chi è aperto arrivano molti meno clienti, obbligati ad autocertificarsi, va bene invece ai supermercati

Sono circa 685 le attività sospese in Provincia di Lodi a causa delle misure contenute nel Dpcm 3 novembre: negozi di abbigliamento, scarpe, accessori, oggettistica e articoli per la casa, gioiellerie e oreficerie, mercerie, arredamento, ma anche centri estetici e palestre. Il gruppo più numeroso è quello dei centri estetici, con oltre 125 attività sospese in tutta la provincia, le palestre sono oltre 40, mentre tra gli esercizi commerciali l’abbigliamento e moda è il settore più colpito con 60 negozi con la saracinesca abbassata, segue l’arredamento con 48 attività. Escludendo dai conteggi i centri estetici e le palestre, le attività commerciali di vicinato sono circa 3mila in provincia di Lodi, e di queste sono oggi chiuse circa un sesto, poco più di 500, il 17 per cento circa. Se si considera l’ambito no food (che conta circa 800 negozi di vicinato nel Lodigiano), le attività sospese sono circa il 23 per cento. Inoltre, bisogna considerare un altro settore, quello della somministrazione e ristorazione, in cui le circa 950 imprese lodigiane sono in funzione a servizio ridotto, dal momento che bar, pub e ristoranti lavorano solo con l’asporto o con la consegna a domicilio.

«Sicuramente la situazione è diversa da marzo, basta fare un giro in centro nelle cittadine per rendersene conto – commenta Isacco Galuzzi, segretario di Confcommercio Lodi -. Ci sono molte più vetrine accese rispetto alla primavera, ma questo non deve trarre in inganno. Intanto le attività sospese non sono poche, e in secondo luogo chi è aperto risente fortemente delle misure anti-contagio, dell’invito pressante a restare casa, uscendo solo per le necessità, oltre che dell’obbligo stesso di non uscire. Di fatto le attività sono aperte, ma non ci sono i clienti, una situazione che il Lodigiano aveva già vissuto con la prima zona rossa la prima settimana di marzo, quando il resto della provincia, pur essendo aperta, vide crollare i consumi. Tutto il commercio oggi sta vivendo una prova difficilissima».

Di tutte le attività che sono chiuse per decreto, un terzo è a Lodi città. Tra negozi, palestre e centri estetici, sono quasi 230 le attività sospese nel capoluogo.

A seguire ci sono Codogno e Sant’Angelo, al cui comparto commerciale oggi sono venute meno rispettivamente 72 e 67 attività, quindi a Casale sono chiusi 55 tra negozi, centri estetici e palestre. A Lodi Vecchio le chiusure sono 19. Nel distretto commerciale attorno alla strada provinciale 235 Lodi Casello, tra Cornegliano Laudense e Pieve Fissiraga, complessivamente si registrano 36 chiusure (22 a Pieve e 14 a Cornegliano). In tutti questi comuni associati si trova il 70 per cento di imprese bloccate dal Dpcm, mentre negli altri paesi, dal tessuto commerciale meno forte, non si registrano mai più di 10 o 12 chiusure.

Tra le attività sospese vi sono alcune medie superfici di vendita, ma non ci sono le grandi catene, che forti di numerose merceologie al loro interno riescono spesso a mantenere aperto almeno parzialmente il punto vendita, anche se con l’obbligo di chiusura nel fine settimana.

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