Nei nostri campi fanghi usati come concime

Fanghi usati come concime nella campagna lodigiana Il nostro Paese è attraversato da storie tristi e dolorose, anche di omicidi, legate allo smaltimento dei rifiuti, pozzo d’oro per chi esercita questo mestiere, devastazioni infini te per il territorio, malattie e morti. Leggi inadeguate, scarsi controlli, pressioni delle lobby dei rifiuti, indifferenza se non collusione di molte istituzioni e di gran parte della popolazione sono gli elementi che hanno da sempre caratterizzato la questione rifiuti in Italia. Questa premessa per far meglio comprendere e denunciare quello che noi consideriamo come l’ennesimo sfregio, in questo caso “legale”, all’ambiente. Migliaia di tonnellate di fanghi di depurazione, chiamati in modo eufemistico fanghi biologici (61% fanghi civili, 24% industriali, 15% agroindustriali – dati anno 2005, Elaborazione di linee guida per la gestione dei fanghi in agricoltura, Arpa Lombardia , ottobre 2007) vengono riversate sui nostri terreni agricoli. Ogni anno in Italia viene prodotto poco meno di un milione di tonnellate di fanghi di depurazione, il 30% dei quali è utilizzato in agricoltura. La Lombardia assieme a Puglia ed Emilia Romagna ne destina il 53% circa. Al 2007 in Lombardia c’erano impianti con una capacità di spandimento di 710.000 tonnellate/anno. La provincia di Lodi, al momento della stesura del su citato documento, vedeva la presenza di due impianti, uno conto proprio e uno conto terzi. Siamo in tanti e produciamo molto inquinamento che richiede depurazi one, e dai depuratori civili e industriali escono fanghi, tonnellate e tonnellate. Dove stoccarli dunque e al minor costo possibile? Scelleratamente sui terreni agricoli come concime. Poiché la materia era diventata ingovernabile, la Comunità europea è intervenuta dettando delle linee guida cui Governi e Regioni si sono più o meno adeguati. Il problema è complesso e corposo, per cui ci dobbiamo limitare all’esposizione di alcune problematiche che a nostro parere lo spandimento di questi fanghi comporta. La stessa Arpa Lombarda, pur uscendo, a nostro parere, in qualche passaggio delle “linee guida” dalla sua competenza prettamente tecnica quasi plaudendo a questa soluzione economica, afferma che l’obiettivo delle linee guida è quello di “ridurre i rischi d’inquinamento dei suoli e delle acque”. Sottolineiamo il verbo “ridurre” che non significa eliminare. In un altro passaggio recita che lo “scopo della relazione è incentivare e regolarizzare l’utilizzo dei fanghi in agricoltura minimizzando i rischi”. Come si può minimizzare il rischio incentivando l’utilizzo dei fanghi? “Minimizzare” in ogni caso non significa eliminare. E ancora l’Arpa afferma: “La crescente necessità di depurare i reflui civili ed industriali ha comportato un incremento della produzione di fanghi biologici il cui principale e più economico sbocco ad oggi è, senza dubbio, l’utilizzo in agricoltura”. Affermazioni inquietanti che ci pongono una domanda: è più importante la salute o il profitto? E le istituzioni preposte alla salvaguardia della salute delle popolazioni, dove sono? C’è un problema di smaltimento e di costi, e il sistema più economico è riversarli nelle campagne con l’avallo degli agricoltori che risparmiano in lavoro e concimi (lo spandimento e la successiva aratura, obbligatoria, sono a carico dell’azienda che tratta i fanghi), delle istituzioni che tacciono e di una legislazione sensibile al potere e alle pressioni delle lobby. Secondo la legislazione vigente, i fanghi sono definiti come residui derivanti dai processi di depurazione delle acque reflue e vengono considerati rifiuti speciali non pericolosi. L’espressione “non pericolosi” oltre a non rassicurarci ci pone molti dubbi. Ci chiediamo come non possano essere pericolose sostanze che vengono sparse in terreni agricoli e che possono contenere, nonostante la loro inertizzazione e igienizzazione (l’Arpa denuncia criticità in questi processi), un’infinità di sostanze. I parametri previsti per i fanghi si riferiscono ai metalli (Cadmio, Rame Nichel, Piombo, Zinco, Cromo esavalente, Cromo trivalente, Mercurio, Arsenico), agli inquinanti organici nell’eluato (Idrocarburi totali, Solventi organici aromatici, Solventi clorurati, Pesticidi totali, Pesticidi fosforiti, Tensioattivi anionici) Nutrienti (Carbonio organico, Azoto to tale, Fosforo totale, Potassio totale) microbiologici (uova di Elminti vitali, Salmonella), biologici (Test di fitotossicità, che è l’effetto sulla crescita delle piante superiori.) La Regione Emilia Romagna ha programmato anche la ricerca nei fanghi della presenza di Toluene e Idrocarburi pesanti anche se non contemplati dalla legislazione nazionale, in quanto si è verificata la loro presenza nelle acque reflue. Quanti altri elementi o composti chimici potrebbero essere presenti e non monitorati? Quali rischi avranno sulla nostra salute? Quali effetti sinergici non conosciuti dalla letteratura scientifica e quindi non considerati dalla materia giuridica? E il principio di precauzione? E il possibile e non prevedibile accumulo d’inquinanti nel terreno e nelle acque di falda non deve riguardarci? Non a caso “è fatto divieto di utilizzare rifiuti sui terreni allagati, soggetti ad esondazioni e/o inondazioni naturali (…), acquitrinosi o con falda acquifera affiorante … interessati da sentieri e strade interpoderali,… nei terreni con coltivazioni in atto destinate direttamente – senza processi di trattamento dei prodotti - alla alimentazione umana”. Per motivi di spazio non riportiamo l’elenco completo, ma questi sono sufficienti a far comprendere quali potrebbero essere i rischi d’inquinamento. L’85% circa dei fanghi prodotti in Lombardia nel 2003 sono stati riutilizzati in agricoltura (“Gestione sostenibile delle risorse idriche” Relazione di Arpa Lombardia) . Se, come si evince dalla stessa relazione, spesso per un non corretto funzionamento dei depuratori anche le acque depurate “creano tuttavia problemi di compatibilità qualitativa anche all’agricoltura”, come possiamo pensare che i fanghi non li creino? È lecito preoccuparsi in un Paese dove le infiltrazioni della criminalità organizzata hanno determinato l’apertura d’innumerevoli procedimenti penali nel campo dei rifiuti? I test di fitotossicità sono obbligatori a intervalli da 6 mesi a un anno, prima se in presenza di “modifiche sostanziali del rifiuto”; ma chi decide e controlla le modifiche sostanziali del rifiuto? E chi controlla se sono rispettati le prescrizioni e i divieti?

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