Né troppo debole né troppo forte

Sette anni: in questo numero c’è il senso fondamentale della presidenza della Repubblica. Del resto i costituenti erano stati chiari, cinque anni la Camera dei Deputati, sei anni il Senato (poi corretti a cinque con una riforma nel 1963), sette il Presidente. Hanno voluto un mandato più lungo di quello di tutti gli organi elettivi, “al fine di assicurare, nella vita dello Stato, un elemento di stabilità”. Inoltre hanno voluto un collegio elettorale più ampio delle due Camere, allargato ai rappresentanti delle Regioni, e una maggioranza qualificata.Sette anni: in questo numero c’è il senso fondamentale della presidenza della Repubblica. Del resto i costituenti erano stati chiari, cinque anni la Camera dei Deputati, sei anni il Senato (poi corretti a cinque con una riforma nel 1963), sette il Presidente. Hanno voluto un mandato più lungo di quello di tutti gli organi elettivi, “al fine di assicurare, nella vita dello Stato, un elemento di stabilità”. Inoltre hanno voluto un collegio elettorale più ampio delle due Camere, allargato ai rappresentanti delle Regioni, e una maggioranza qualificata. Perché il presidente doveva offrire garanzie a tutti i partner di un sistema che, pur partito da un riflesso di unità nazionale antifascista, si era presto diviso sul crinale della “guerra fredda”.Quanto ai poteri ed alle “prerogative”, la Costituzione italiana in sostanza attribuiva al Capo dello Stato alcuni tratti di intervento diretto, così da non farne semplicemente un mero garante o un elemento “decorativo”. Compiva così una scelta differente rispetto alla Francia e alla Germania Federale del 1946-49. E qualche studioso ha visto, soprattutto nel potere di scioglimento, in quello di conferire il mandato al presidente del Consiglio o nella presidenza dei Consigli superiori della magistratura e della difesa, anche un “retaggio monarchico” nella figura del Presidente italiano. Dopo una lunga discussione si decise anche di consentire la rieleggibilità, che pure era stata esclusa in una prima redazione “data la situazione politica attuale di penuria di uomini politici dopo venti anni di carenza di vita politica”. In realtà, nel design costituzionale italiano, il Capo dello Stato è stato pensato per non essere “né troppo debole né troppo forte”, per usare un’altra brillante formula sempre di un grande costituente democristiano, Egidio Tosato. È stata insomma fornita una certa elasticità, così da potere fare fronte alle diverse situazioni.Ed in effetti, come è ben illustrato in un convegno di studi storici che si svolge in questi giorni all’Università di Viterbo, con il patrocinio dell’archivio storico del Quirinale, nell’arco dei quasi settant’anni dall’elezione di un monarchico, Enrico De Nicola, da parte dell’Assemblea Costituente, i suoi dieci successori, in situazioni politico-istituzionali molto diverse tra loro, hanno interpretato diversamente il mandato, utilizzandone via via tutte le diverse virtualità. Ci sono state presidenze “notarili” o presidenze “interventiste”, o diverse fasi in una stessa presidenza, non senza sorprese. Anche tenuto conto dei grandi cambiamenti nel sistema politico come nelle forme della comunicazione, la presidenza della Repubblica ha offerto in sostanza una risorsa di stabilità.Ritorniamo così al settennato, che ormai resta una caratteristica quasi solo italiana: e sottolinea la necessità e l’importanza della stabilità e della reciproca legittimazione, che poi è il grande tema anche dell’imminente elezione del dodicesimo inquilino repubblicano del palazzo del Quirinale, il più alto – e isolato – dei sette colli di Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA