La prima è stata Ikram, nell’autunno 2011, oltre un anno fa. Era giunta in Italia con la famiglia, bimba di pochi mesi, e nel Lodigiano risiedeva da quasi diciassette anni. «Ogni cosa ha una fine, niente è per sempre. – ha scritto la giovane, ormai rientrata in Marocco, in una bella lettera a compagne e insegnanti del “Maffeo Vegio” - A diciassette anni nessun adolescente italiano penserebbe mai di alzarsi dal divano, o da qualunque altro posto si trovi in quel momento, per costruire, nel vero senso della parola, il proprio futuro. A diciassette anni non si pensa ad altro che a divertirsi, uscire il sabato sera, fare nuove amicizie e creare nuovi legami di qualsiasi tipo. Sì, esistono le eccezioni, ma sono sempre rare. Io, però, sono l’eccezione».La famiglia di Ikram, come altre famiglie straniere sempre più numerose nell’ultimo anno, è rientrata nel paese di origine a causa della crisi economica («in questa crisi che cresce sempre più, non c’è più spazio per una vita da film»): il rinnovo del permesso di soggiorno per le persone straniere dipende infatti dal mantenimento del posto di lavoro e anche l’arco temporale della disoccupazione è per esse limitato («Molti, sapendo del mio trasferimento, semplicemente mi strinsero la mano e mi dissero: -È la cosa più giusta da fare. Almeno tu hai un paese in cui andare. Noi, se non arriviamo a fine mese, dove vuoi che andiamo?-»).Per la famiglia di Ikram il ritorno segue alla speranza di rinascita e riscatto delle primavere arabe, che ormai quasi due anni fa hanno impresso un nuovo corso politico e sociale, in alcuni casi ancora incerto, ai paesi nordafricani. Non è stato così, invece, per altre ragazze straniere, che se ne sono andate in silenzio, nell’autunno 2012, quasi incapaci di prendere congedo da un pezzo della propria vita tanto significativo, che ha abbracciato parte dell’infanzia e dell’adolescenza. Qiqi è tornata in Cina dopo undici anni di permanenza in Italia: vi era arrivata a sei, per iniziare la scuola primaria. Alejandra, approdata dal Perù a dodici anni, nel Lodigiano aveva frequentato tre anni di scuola media e tre di scuola superiore.Causa del ritorno nel paese di origine non è tuttavia soltanto il dissesto economico, ma anche (se pure in casi limitati) il dolore esistenziale, l’impossibilità di accettare di aver lasciato tanto per ricominciare altrove, nell’incertezza. Così è stato per Loraine, giunta in Italia già adolescente e rimasta nel nostro paese soltanto tre anni.La mobilità e il cambiamento sono conseguenze dello spirito dei tempi, ma i giovani stranieri li vivono con una accelerazione talvolta allarmante: non tornano, infatti, «a casa loro», nel loro paese, perché il loro paese era anche questo, dove si erano trasferiti con la famiglia, e avevano imparato (con rapidità, di norma) la lingua, avevano stretto (faticosamente, all’inizio) amicizie, avevano frequentato la scuola (con determinazione o indifferenza). E questo paese, l’Italia, quando queste ragazze e ragazzi se ne vanno perde inevitabilmente risorse, perché se non soccomberanno alle andate e ritorni – il rischio di non essere più né “qui” né “là” è forte - gli adolescenti stranieri trasferiranno altrove le proprie conoscenze, capacità, competenze, l’istinto di vita e la volontà di affermazione, e saranno dunque altri paesi a trarne beneficio e potenziale sviluppo.Tuttavia, a uno sguardo attento, i percorsi dei nostri figli e figlie (italiani, italianissimi) non risultano così dissimili da quelli dei giovani stranieri, per quanto certamente più agevoli e protetti, effettuati in età poco più adulta, ovvero in ambito universitario. Per avere possibilità di riuscire nella futura attività lavorativa, anche i nostri ragazzi e ragazze sperimentano la mobilità e il cambiamento.Irene, studente di architettura, trascorre un anno di studio universitario a Lisbona grazie a un progetto Erasmus. Marta, specializzanda in mediazione linguistica e culturale, per tre mesi ha perfezionato «in loco» la conoscenza del cinese attraverso un soggiorno di studio e lavoro. Cesare, studente di economia e commercio ormai prossimo alla conclusione degli studi, dopo aver effettuato stage a Shangai e Hong Kong, si appresta a partire per Londra. Alice, già laureata in mediazione linguistica e culturale, ha compiuto un’esperienza qualificata «au pair» a Dubai, ove ha comunicato nelle due lingue di studio universitario, l’inglese e l’arabo.Mobilità e cambiamento, dunque, accomunano i percorsi dei giovani italiani e stranieri.Al contrario, la politica scolastica per l’accoglienza e l’integrazione dei minori stranieri è improntata a conservatorismo e cancellazione delle risorse, per altro già modeste. Dal 2001 (ma, con continuità, a partire dal 2005) il Ministero dell’Istruzione aveva messo a disposizione delle istituzioni scolastiche collocate in aree a forte processo immigratorio fondi contrattati con le organizzazioni sindacali, che, invece di essere ripartiti tra tutti i docenti, erano assegnati a specifici progetti di accoglienza e integrazione. Ora queste risorse non ci sono più, assorbite insieme con altre (fondo d’istituto, funzioni strumentali, pratica sportiva…) all’interno della somma necessaria per corrispondere ai docenti gli scatti di anzianità del 2011 (a suo tempo bloccati con quelli del 2010 e del 2012).Ma non è questo il punto. Per mia parte, ritengo che la ripartizione del fondo per le aree a forte processo immigratorio fosse informata da un criterio di irragionevole immobilismo. Il fondo, infatti, era assegnato sulla base del numero di studenti con cittadinanza non italiana presenti in una istituzione scolastica (o della loro percentuale in relazione al totale degli studenti).La ragione del dissenso è semplice. È scritta in un documento unitario redatto dai collegi docenti di sei scuole superiori lodigiane (Liceo “Maffeo Vegio” e Liceo “Gandini - Verri” di Lodi, Istituto “Cesaris” di Casalpusterlengo, Istituto “Pandini” di Sant’Angelo Lodigiano, Liceo “Novello” e Istituto “Tosi” di Codogno).«In base al XXI rapporto Caritas/Migrantes sull’Immigrazione, in Italia nel 2010/11 gli studenti stranieri hanno raggiunto quota 709.826 (7,9% del totale degli studenti): di questi, il 42,2% è costituito da nuovi nati nel nostro paese.È opportuno analizzare il dettaglio delle presenze: nella scuola dell’infanzia gli stranieri sono 144.457 (8,6% del totale), di cui il 78,4% nati in Italia; nella scuola primaria 253.756 (9% del totale), di cui il 53,1% nati in Italia; nella secondaria di I grado 157.980 (8,8% del totale), di cui il 23,8% nati in Italia; nella secondaria di II grado 153.633 (5,8% del totale), di cui il 9% nati in Italia.È dunque evidente che l’aumento dei minori stranieri nati in Italia, del tutto scolarizzati nel nostro paese, ha effetto nella scuola dell’infanzia e nella primaria, non ancora nella secondaria di II grado. In altre parole, se in questo ordine di scuola il numero di studenti con cittadinanza non italiana è inferiore rispetto alla media assoluta, il numero di studenti stranieri neoarrivati o di recente immigrazione, cioè non italofoni, è certamente superiore rispetto a quello di altri gradi dell’istruzione.Ed è altrettanto evidente che, dal punto di vista didattico, di per sé non ha molto senso distinguere alunni italiani e alunni stranieri, a maggior ragione in un paese come l’Italia, che, come noto, di norma consente l’accesso alla cittadinanza dopo dieci anni di residenza stabile sul territorio nazionale».Ha senso, invece, distinguere alunni italofoni e alunni non italofoni, che conoscono e che non conoscono la lingua italiana. È innegabile, tuttavia, che i non italofoni sono sempre di meno, perché sempre di meno (per quanto non trascurabili, in particolare nella secondaria di II grado, ove le ragazze e i ragazzi stranieri affrontano le difficoltà della lingua per lo studio disciplinare) sono gli arrivi nel nostro paese. Ai viaggi di sola andata iniziano infatti a sostituirsi quelli di andata e ritorno. E non è buon segno.La priorità in tema di minori stranieri non è più, dunque, l’apprendimento della lingua italiana, ma il protagonismo delle seconde generazioni, che svolgono un compito essenziale nel processo di integrazione e interazione con la comunità locale. Che il Ministero dell’Istruzione e i suoi uffici periferici siano consapevole della trasformazione e ne prendano atto, quanto meno dal punto di vista culturale.Mobilità e cambiamento accomunano i percorsi dei giovani italiani e stranieri: che gli uni e gli altri - giovani e basta! - possano avere fortuna pari al loro valore.
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