MEDIGLIA Rsa, morti di Covid senza colpevoli: quindici famiglie non si arrendono

Oltre 70 anziani spirati tra febbraio e aprile ’20: «Chiederemo nuove indagini»

Sarà formalizzata a inizio settembre l’opposizione innanzi al Gip di Lodi alla richiesta di archiviazione notificata un mese fa dalla Procura dell’inchiesta per epidemia e omicidio plurimo colposi in relazione alla morte di oltre settanta anziani ospiti della Rsa Borromea di Mediglia colpiti dal Covid-19.

Un’inchiesta senza indagati sulla quale avevano lavorato molto anche i carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e sanità e che era scattata dopo l’esposto dei familiari di quasi tutti gli anziani deceduti. Nei giorni scorsi gli avvocati Ilaria Ramoni ed Emiliano Michelutti di Milano hanno incontrato 35 famiglie per fare il punto sulla situazione e già metà di loro hanno chiesto ai legali di andare avanti. «Chiederemo al gip una perizia di tipo epidemiologico, che potrebbe disporre il giudice stesso o rimandare alla Procura nell’ambito di nuove indagini - anticipa l’avvocato Michelutti -. Prendiamo atto che le indagini sono state corpose e anche che la richiesta di archiviazione sottoscritta dal Procuratore Domenico Chiaro è molto argomentata, ma io non ritengo che la recente normativa che limita le responsabilità dei sanitari alla “colpa grave” possa derogare alle leggi generali. La Procura di Lodi è stata forse la prima in Lombardia a decidere sulle morti in una Rsa nell’ambito di questa pandemia e la giurisprudenza è tutta da scrivere».

Gli inquirenti si sono concentrati su quanto accaduto dal 25 febbraio ad aprile e sembra che i primi sintomi sospetti siano stati notati in degenti di due stanze a due posti. «Cosa è stato fatto per isolarli, cosa si è fatto per tenere in settori separati gli ospiti che avevano sintomi da quelli che non li avevano?», si domanda l’avvocato. Anche ipotizzare che il focolaio sia partito da quelle due stanze però sarebbe un azzardo, perché fino all’8 marzo il «problema Covid» era solo della zona rossa del Basso Lodigiano e non c’erano restrizioni alle visite nella Rsa.

La Procura stessa, nella richiesta di archiviazione, cita altre due Rsa lodigiane finite sotto inchiesta come esempi “virtuosi” perché hanno avuto un’incidenza minore di contagi e sembra avessero seguito procedure di separazione degli ospiti più attente, ma il contesto generale era quello di un’estrema difficoltà nel far eseguire i tamponi indicativi della presenza del virus nei malati e anche di una carenza di protezioni individuali persino per la Sanità. Inoltre molte delle vittime avevano più di novant’anni e gravi patologie concomitanti. Per il Procuratore Chiaro però le situazioni di rischio potenziale, nel quadro di una malattia di cui si sapeva ancora meno che oggi, non sarebbero sufficienti a indicare che quei rischi si siano trasformati in causa effettiva di ulteriori contagi.

«Comprendiamo che non tutti i familiari siano stati sentiti, anche perché in queste vicende sono determinanti le cartelle cliniche - conclude l’avvocato Michelutti - ma a mio avviso è importante che la magistratura valuti anche le singole vicende personali delle vittime».n

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