Ma che strani ci appaiono questi prof

Gli insegnanti amano il proprio mestiere nonostante le condizioni impervie in cui esso viene esercitato”. Lo dice l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer e si riferisce proprio agli insegnanti italiani, riflettendo a partire dai risultati dell’indagine Ocse-Talis (indagine internazionale su insegnamento e apprendimenti) 2013 che descrive il profilo del docente medio in molti Paesi. Risultati che - precisa Berlinguer - si fondano sulle risposte degli stessi docenti a un questionario e confermano “la percezione già evidenziata nel passato, proprio nel nostro Paese, di una scuola che non affronta con la necessaria determinazione l’acuto bisogno di cambiamento dell’intero sistema educativo”. Tra i dati, la forte femminilizzazione del corpo insegnante (in Italia il 78,5% contro la media Talis del 68), ma anche una carenza di formazione iniziale (solo il 79% è in possesso di formazione specifica per l’insegnamento, a fronte di una media Talis del 90%) e una certa inadeguatezza dell’offerta di formazione in servizio (lo dichiara il 66,6% degli insegnanti italiani contro il 39% media Talis). A definire le “condizioni impervie” del servizio dei docenti si aggiungono poi, in Italia, diversi fattori, tra cui i tagli alla scuola, le retribuzioni inadeguate. Sempre Berlinguer annota: “Le classi dirigenti italiane con i tagli, le retribuzioni insufficienti e l’insensibilità verso la credibilità sociale della professione docente, portano intera la responsabilità della scarsa attrattività di questa stessa professione. Si noti bene, i continui tagli dei finanziamenti alle scuole per lo sviluppo professionale dei docenti e la diminuzione delle ore di compresenza hanno influito negativamente sulla partecipazione alle attività di formazione: nel 2013 ridotta di 10 punti percentuali rispetto al 2008”. Ma i dati Talis indicano anche scarsa innovazione didattica, per non parlare delle dotazioni tecnologiche. Secondo la ricerca gli insegnanti italiani hanno scarsa familiarità con le pratiche attive d’insegnamento (solo il 32% degli intervistati dichiara di far lavorare gli studenti in piccoli gruppi per soluzioni comuni dei problemi e dei compiti assegnati, mentre la media Talis è del 47%); solo il 31%, poi, utilizza le nuove tecnologie (38% media Talis). In realtà niente di nuovo. Sono situazioni, infatti, abbastanza conosciute, che tuttavia lasciano spazio, non allo scoraggiamento, ma, al contrario, a un rinforzo di motivazioni: gli insegnanti italiani, infatti, pur consapevoli della situazione e anche del fatto che l’insegnamento non è apprezzato come dovrebbe (lo riconosce la stragrande maggioranza, cioè l’88%), dichiarano in una percentuale che stupisce che tornerebbero a fare questo stesso lavoro. L’86%, contro una media Talis del 78. A conferma di questo “sentiment” un dato tutto nostrano: alla preselezione per l’accesso al secondo ciclo del Tfa, il Tirocinio formativo attivo, che serve per abilitarsi all’insegnamento nella scuola secondaria e partecipare al prossimo concorso a cattedra del 2015 si sono presentati 146.742 aspiranti su 22.478 posti. Età media, 33,6 anni, contro i 35,4 dell’edizione precedente del 2012. I giovani, dunque, ci provano. La scuola, nonostante tutto, conserva attrattiva e gli insegnanti non hanno messo da parte passione per il loro “mestiere”, amore. Vengono in mente le parole di Papa Francesco a insegnanti, studenti e famiglie, nel maggio scorso: “Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola”.

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