Ma il 2013 ha sorpreso gli scettici

“Vescovo di Roma”. Le prime parole pronunciate da Papa Francesco subito dopo la sua elezione rivelano l’inizio di una stagione nuova per la Chiesa cattolica e lanciano immediatamente una mano tesa, un segnale di simpatia al mondo ecumenico. Ma il vento di novità non soffia solo sul Tevere: aleggia nella complessa galassia delle Chiese e degli organismi ecumenici attraversati anche loro in questo straordinario anno 2013 da cambiamenti a volte radicali. Ci sono stati cambi di leadership e modifiche strutturali, nonché firme di documenti importanti sebbene poco conosciuti al grande pubblico. Le Chiese sono sempre più chiamate a interagire con questioni nuove, spesso difficili, sulle quali pesano diversità di vedute e opinioni. Il Medio Oriente poi incombe come una grande ombra di dolore e sofferenza. E gli anni che verranno prospettano date e ricorrenze importanti che possono diventare occasioni per purificare le memorie e cominciare pagine di storia nuove, aperte al futuro. Il volto del nuovo nella Comunione anglicana è quello di Justin Welby. 56 anni, un luminoso passato di business man, è lui ad aver preso il posto di Rowan Williams. E mentre nel mese di marzo, Bergoglio saliva sul soglio pontificio, nello stesso mese Welby a Londra veniva intronizzato come 105° arcivescovo di Canterbury. Sarà dunque lui a guidare la Chiesa di Inghilterra per i prossimi anni e a rappresentare come leader spirituale una Comunione di Chiese anglicane, profondamente diverse fra loro per culture e tradizioni. Un mondo che conta 80 milioni di fedeli sparsi in 160 Paesi. A Welby spetterà il compito di mantenere unita questa variegata galassia di Chiese pur nella loro diversità, cercando di volta in volta una via di mediazione tra le diverse fazioni soprattutto sull’ordinazione delle donne vescovo e dei matrimoni gay. Due questioni sensibilissime che hanno già causato in Inghilterra una forte emorragia di fedeli anglicani verso la Chiesa cattolica.Un vento di novità ha travolto questa estate la Kek, la Conferenza delle Chiese europee. Sono stati i 230 delegati all’Assemblea di Budapest a mettere mano con coraggio a una profonda ristrutturazione dell’organismo ecumenico europeo travolto tra l’altro anche da problemi di finanziamento economico. Il cambiamento anche qui ha il volto di un uomo, il vescovo anglicano Christopher Hill (Chiesa d’Inghilterra) che è stato nominato presidente dell’organismo ecumenico europeo. L’assemblea di Budapest ha anche approvato il trasferimento del proprio segretariato dalla storica sede di Ginevra a quella di Bruxelles che dovrebbe avvenire gradualmente nei prossimi 2 o 3 anni. E se a Roma si discute sul ridimensionamento dei dicasteri vaticani, alla Kek si è deciso di ridimensionare il Comitato centrale (era composto da 40 membri) facendolo diventare un “governing board” di 20 persone. Stessa terapia di spending review anche per le diverse commissioni che andranno via via a confluire in “un sistema più unificato”.Il nuovo nasce quando si ha il coraggio di guardare con verità il proprio passato. E così hanno fatto cattolici e luterani che dopo un secolo di ecumenismo e 50 anni di dialoghi, sono riusciti a presentare quest’anno a giugno un documento dal titolo evocativo: “Dal conflitto alla comunione”. Il testo prende tra le mani la storia della Riforma e lo fa in vista delle commemorazioni del 2017, anno in cui si ricorderanno i 500 anni dall’affissione delle 95 tesi di Lutero a Wittenberg. Il documento lungo 245 paragrafi, tenta di ripercorrere questi 500 anni che sono stati purtroppo costellati di “fraintendimenti”, “pregiudizi” e “incomprensioni”. Sono entrati nelle memorie delle persone, hanno aleggiato sui libri di scuola, hanno impedito spesso che ci si guardasse con occhi liberi gli uni con gli altri. Le sfide sono alte. Quella della purificazione e guarigione delle memorie, e quella ancora più ardita della restaurazione dell’unità cristiana secondo la verità del Vangelo. La rassegna si conclude con uno sguardo all’anno che verrà. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha invitato Papa Francesco a compiere insieme nel 2014 un viaggio in Terra Santa per ricordare i 50 anni dall’abbraccio fra il patriarca Athenagoras e Paolo VI, pionieri del dialogo cattolico-ortodosso. Avvenne a Gerusalemme nel gennaio 1964 e quell’abbraccio fraterno divenne simbolo dell’auspicata riconciliazione tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, nonché profezia di speranza nel cammino verso la piena unità fra tutti i cristiani. Oggi potrebbe diventare una profezia di pace, l’inizio di un futuro nuovo per i popoli martoriati dalla guerra che abitano sulle terre di Gesù.

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