In un contesto globale ancora dominato dall’incertezza, sono confortanti i segnali provenienti dal nostro export, che nel 2011 è tornato ai livelli pre-crisi del 2008: un risultato tanto più rilevante perché il dato di allora era gonfiato dalle “bolle” di domanda di tanti nostri clienti consolidati che notoriamente acquistavano molto più di quanto potessero permettersi (dagli USA alla Gran Bretagna, dalla Spagna alla stessa Grecia).Il risultato del 2011 è stato invece conseguito in un periodo, appunto, “grigio”. Esportare in simili condizioni è evidentemente segno di capacità ed intraprendenza, doti che non mancano a tante imprese italiane, le quali hanno saputo innovare ed accrescere la qualità dei loro prodotti, arricchendoli anche di maggiori contenuti di servizio, nonché conquistare nuovi mercati. In base agli ultimi dati disponibili emanati dall’Istat, nel corso del 2011 le nostre esportazioni sono cresciute dell’11,9%, con aumenti più consistenti per i mercati extra UE (+14,9% contro +8,8% per l’UE), al punto che, per la prima volta da molto tempo, a dicembre 2011 il saldo commerciale con i Paesi esterni all’Unione Europea è risultato positivo.A corroborare questa tendenza, i dati sull’export del Lodigiano, il cui dinamismo, pur nei noti limiti strutturali, è stato documentato su queste stesse colonne qualche giorno fa.Tutto ciò, mentre perdura l’ormai cronica stagnazione del mercato interno.L’Italia è un Paese naturalmente destinato all’esportazione. Non abbiamo materie prime né risorse naturali, possiamo solo trasformare con la tecnologia, l’impegno, il gusto, ciò che proviene da fuori.Se l’Italia vuole prosperare deve quindi esportare.Certo, vendere fuori dai propri confini non è facile. Basti pensare alle diverse abilità e competenze che un solo imprenditore dovrebbe assommare su di sé: individuare il partner commerciale, trovare il proprio rappresentante all’estero, conoscere normative legali, fiscali, doganali, saper gestire la comunicazione dell’azienda, stipulare un accordo di cooperazione, ottenere un finanziamento. Sono tutte attività per le quali non è scontato che il piccolo imprenditore, da solo o con i suoi collaboratori, disponga di forze sufficienti, soprattutto se si vuole che l’export passi dall’essere fattore occasionale a perno strategico dello sviluppo dell’azienda.Occorre poi essere pronti a cambiamenti continui, essere costantemente flessibili e innovativi, perché è facile perdere mercati conquistati duramente in breve tempo, specie se l’esportazione ha un basso contenuto tecnologico o non si caratterizza per un’originalità accentuata.Da qui deriva il ruolo fondamentale dei consorzi export, versatili strumenti operativi a disposizione dell’imprenditore moderno, a cui forniscono servizi tagliati “su misura”, volti a garantire efficienza, professionalità e significativi risparmi, proponendosi più in generale come dei veri e propri catalizzatori di relazioni ed opportunità.Lodi Export celebra quest’anno i trentacinque anni di attività nel segno di questa consapevolezza, e guarda alle sfide del futuro con rinnovato slancio ed intraprendenza.
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