LODI Lo storico “mulita” Ren dopo 50 anni cede il negozio: «Ma non voglio chiudere tutto» GUARDA IL VIDEO

L’artigiano, con passione e competenza da vendere, sarebbe disposto ad aiutare ancora

Una vita ad affilare coltelli, forbici e rasoi, al civico 9 di corso Adda. A luglio Giovanni Ren compirà 80 anni e, a malincuore, cerca qualcuno che rilevi la sua coltelleria, sorta nel 1920. «Non vorrei essere proprio io - dice - quello che tira giù la claire. La città si merita di avere un negozio così».

Il signor Ren vorrebbe fare come uno dei suoi clienti, il macellaio di Torretta che ha ceduto il negozio a due ragazzi giovani. «Io potrei venire comunque a dare una mano in laboratorio», dice. Ren è anche mastro arrotino dell’Associazione arrotini e coltellerie. È venuto ad imparare a Lodi, da lui, anche un artigiano che poi si è messo a fare i chiodi per il tetto di San Marco, a Venezia. «Mi piacerebbe che a continuare ci fosse qualcuno che ci mettesse la mia stessa passione». Ren mostra le mani, belle, grandi, i polpastrelli pieni di fessure, di un colore indefinito, lo stesso delle pietre che usa per affilare. Guai ad usare i guanti. «Non riuscirei a sentire quando il lavoro è finito. Sono una volta mi sono fatto male - dice-, mentre affilavo la lama della raspa düra. Per fortuna, però, era all’incontrario, così il taglio era superficiale. Sono andato in ospedale da Cremascoli, il chirurgo, mi ha dato qualche punto».

Ren, nato in un paesino della provincia di Belluno, che porta il suo cognome, ha iniziato come arrotino 65 anni fa. «Ho iniziato a lavorare a 12 anni - dice-, facevo il garzone per mio zio. Giravamo l’Italia e le cascine a costruire seggiole. Poi sono andato a Tolentino, per un anno e mezzo a fare lo stesso lavoro, fino a quando non mi ha chiamato mio fratello, nel ’57. Aveva messo su un negozio di arrotino a Piacenza e io ho imparato da lui. Quindici anni dopo, nel 1972, è morto lo storico titolare qua, in corso Adda, il signor Cozzio, così mi sono fatto avanti io». Non c’è voluto molto perché anche Ren si facesse notare. La moglie Wanda stava in negozio e lui nel laboratorio, sul retro, tra mole e pietre.

«Ancora adesso i clienti non mancano - dice - vengono dai supermercati, dalle macellerie, chi ha bisogno di affilature di fino e veloci. Arrivano anche da lontano, i cottimisti che hanno portato il mio nome in giro per il Paese. Se fosse solo per il negozio l’avrei già venduto, ma mi dispiace lasciare il laboratorio. A una certa età dicono che la passione diventi patologia. Se ci fosse qualcuno interessato, io lo aiuterei». Dopo 120 anni chiudere sarebbe un peccato.

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