Lo strapotere dei burocrati dello Stato

Oltre la metà delle misure adottate dai governi Monti e Letta – nonostante avessero carattere d’urgenza o fossero estremamente importanti (almeno per chi le aveva adottate) – sono ancora in sala d’attesa. In attesa, appunto, di trasformarsi da desiderata politici a norme operative. E non aspettano il mago Zurlì, ma che la macchina burocratica che sta tra politica e cittadini le trasformi in tali.È un bel dire, e un bel volere, che si farà questo e quello in tempi ristretti, anzi subito o quasi. Le cose poi non funzionano così. Giustamente, perché ogni decisione va armonizzata con le precedenti, resa fruibile e spiegata nei dettagli; ma la macchina burocratica italiana sa metterci di suo un carico da undici ogni volta che si muove, zavorrando tutto e tutti. È la sua forza, inscalfita e apparentemente inscalfibile. Quella schiera di dirigenti ministeriali, alti funzionari, grand commis che filtrano - a loro piacimento, con i loro tempi - qualsiasi decisione venga presa dai governanti. Un groviglio di competenze, di stratificazioni legislative, di poteri d’intervento e di veto; una massa di successivi chiarimenti e spiegazioni; un’incapacità (spesso voluta) di fare le cose per bene. Perché se le decisioni politiche diventassero speditamente realtà, con procedure facili e linguaggio comprensibile ai tutti, dove finirebbe l’enorme potere che questi fantasmi della burocrazia italica hanno da decenni? Un potere che rende la nostra pubblica amministrazione, oltre che mastodontica e inestricabile, indispensabile e irriformabile. Ma cambiamola!, si dirà. Già, ma per cambiare qualcosa bisogna prima conoscerla a fondo, sapere come agire, avere i rimedi giusti e le persone perfette all’uopo. Qui un ministro, un presidente del Consiglio non fa in tempo a capire le dimensioni della ragnatela, che ha già le valigie pronte. Quindi alla burocrazia basta pazientare e nel frattempo confondere un po’ le acque: i riformatori spariranno prima di diventare pericolosi. Se anche riuscissero a incidere, non sarà difficile in un secondo momento troncare e sopire, sopire e troncare.D’altra parte, non è che la semplicità sia sempre la ricetta migliore. La realtà è complessa, ed è giusto affrontarla così. Un esempio? La regione Veneto ha recentemente prorogato per la terza volta il cosiddetto Piano Casa, con una novità. Per aggirare gli ostacoli che ne avevano limitato l’efficacia, il legislatore ha deciso che le norme di quella legge non dovevano conoscere alcun ostacolo: quel che era scritto, si poteva fare. Punto.Quindi si può costruire liberamente in gioielli urbanistici quali Cortina o Asolo, per non dire Venezia? Mmh. Quindi si può avere mani libere in ogni centro storico, in ogni contesto? Mmh. Quindi non vanno valutati quei rischi idrogeologici di cui tanto ci lamentiamo quando poi assistiamo ad alluvioni e frane? Mmh. Quindi la politica urbanistica e i piani regolatori dei Comuni finiscono tutti in ripostiglio? Insomma, un mezzo disastro, con sindaci infuriati e troppi dubbi da parte di troppe persone. Cambiare le cose quindi è difficile e complesso. Ma non impossibile: basta farlo bene. E non permettere ai troppi ragni-parassiti di avviluppare tutto nelle loro paralizzanti ed autoreferenziali ragnatele.

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