Lo spartiacque dell’esame di maturità

Giugno che sei “maturità” dell’anno… Lo cantava Francesco Guccini, che immaginava questo mese come pienezza di frutti, grano maturo, tempo della mietitura. E in effetti giugno, anche per la scuola, è tempo di “maturità”. Anzitutto perché è il mese dell’Esame di Stato, di quello scoglio atteso e temuto per tantissimi studenti che stanno concludendo il percorso delle superiori e già intravedono una strada nuova, un tempo tutto da inventare per le loro vite. Il rituale della maturità, forse ultimo vero rito di passaggio delle giovani generazioni, segna uno spartiacque decisivo, a livello individuale e sociale, al punto che proprio l’immaginario collettivo è ricco di suggestioni finite in letteratura, nei film. Con l’Esame di Stato “si passa”, si finisce e si comincia, si segna un prima e un dopo.Il passaggio, il prima e dopo, non riguarda solo gli studenti che si troveranno nei prossimi giorni a cimentarsi con temi e problemi, commissioni d’esame e ansie da prestazione. Riguarda anche le loro famiglie e più in generale la società, con la quale, in modo nuovo, i “maturati” dovranno cimentarsi. Chi affrontando un nuovo corso di studi, universitario, chi mettendosi alla prova col mondo del lavoro. Tutti hanno le idee chiare? E’ facile rispondere di no e nemmeno il passaggio segnato sarà tale da accendere una luce definita ed esauriente sui percorsi futuri. Però, certamente, per ciascuno è forte la consapevolezza che non si torna indietro e che si apre una fase nuova, meno “protetta” probabilmente, per certi versi piena di incognite, ma anche di possibilità, inevitabilmente orientata al “protagonismo” e all’assunzione di responsabilità (cosa non facile in un contesto generale che talvolta tende a procrastinarle e metterle in secondo piano).Per le famiglie non è facilissimo assorbire il passaggio. Lasciare andare i figli non è cosa semplice, soprattutto oggi quando i figli sono pochi, sempre più “preziosi”, talvolta mantenuti in un guscio ovattato ben oltre le necessità. Eppure anche questo messaggio viene dalla “maturità”: ragazzi e ragazze devono sempre più cimentarsi da sé con le sfide e gli impegni, senza rete di protezione. E attenzione: è, questa, una condizione indispensabile non solo e non tanto per le conquiste personali – la crescita individuale dei singoli nostri figli – ma anche per la società in generale, che viene e verrà costruita da questi giovani che hanno (o non hanno) imparato a stare in piedi da sé, a misurare le proprie possibilità, a verificare attitudini, impegni, diritti e doveri.La scuola dovrebbe aver preparato gli studenti. Non solo a risolvere con competenza e in modo corretto le prove di esame, cosa naturalmente indispensabile. La preparazione più importante è però quella all’autonomia, alla progressiva conquista di sicurezza e consapevolezza di sé. Ragazzi e ragazze che sanno scrivere e far di conto – come si diceva una volta – e che possano, attraverso le competenze complessive conquistate, diventare – come chiedono le finalità della scuola – uomini e cittadini formati, persone attive e protagoniste nella società, magari padri e madri, educatori che in futuro potranno/dovranno cimentarsi a loro volta, con la crescita di nuove generazioni.

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