Lo sbarco... e gli sbarchi: le differenze

“è stata esplicitamente citata la Resistenza in Italia nel duro periodo dell’oppressione nazista. (…) Mi sono perciò sentito pienamente a mio agio venerdì sulla spiaggia di Normandia, in un clima di incancellabile solidarietà che ci univa tutti, rappresentanti di diciannove Paesi”.È un passo della lettera che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha scritto come risposta alle domande di quanti gli chiedevano le ragioni della sua partecipazione alla cerimonia per il 70° anniversario dello sbarco in Normandia avvenuto il 6 giugno 1944, lo storico “D Day”.Come un lampo torna alla mente l’incipit del discorso i Alcide De Gasperi all’assemblea generale della Conferenza di Parigi, due anni dopo lo sbarco alleato: “Prendendo la parola in questo consesso mondiale, sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me, soprattutto la mia qualifica di ex nemico che mi fa considerare come imputato …”.Quale cambiamento! Tra poche settimane l’Italia avrà la presidenza di turno del Parlamento europeo.Andando oltre il rito di una ricorrenza l’incontro dei giorni scorsi sulle coste francesi ha riproposto due grandi temi: la casa comune europea che sarebbe nata su tanta distruzione e morte e il contributo dei cristiani per la vittoria sul male, che viene da qualsiasi dittatura, unito all’impegno per la costruzione del bene.Pensieri che oggi sono spinti e riaccesi dal vento della sofferenza, della morte, della trepidazione e della speranza che dall’Ucraina soffia sul resto d’Europe e del mondo. Un vento che, dopo la tragedia in una terra europea, ancora soffia dai Balcani. Un vento che diventa impetuoso pensando agli sbarchi che si ripetono con il loro carico di sofferenza, di morte e di speranza non più sulle coste europee dell’Atlantico ma su quelle europee del Mediterraneo. Pensieri che appartengono ai cittadini d’Europa e in particolare ai cristiani che alla libertà e alla dignità delle persone e dei popoli hanno concorso offrendo molto spesso la vita.La memoria viene dunque in soccorso alle celebrazioni per i settanta anni dallo sbarco alleato. Alla memoria non sono ostili o indifferenti le nuove generazioni purché essa non si riduca a nostalgia oppure ad album di ricordi ma diventi messaggio di speranza per un futuro migliore, diventi appello perché si scrivano altre pagine del libro della verità, della pace, della giustizia. Ed è sempre la memoria a esigere che lo sguardo, dopo essersi posato sulle coste francesi, si posi su quelle del nostro Paese per trarre un richiamo alla responsabilità, altrimenti non verrebbe reso pieno riconoscimento al sacrificio di tani giovani venuti da lontano per condividere la lotta di molti coetanei europei, contro il disprezzo del diverso, dello straniero, del più fragile.È evidente che un collegamento tra sbarchi tanto differenti e lontani nel tempo non debba ridursi a confusione retorica e neppure a superficialità ma non può sfuggire che c’è un filo rosso che li unisce e diventa provocazione per quella coscienza europea dove vive il dialogo tra i pensieri dei singoli Paesi e quelli di un loro percorso comune.Sarebbe allora molto triste se mentre si depone una corona di fiori per il soldato dalla pelle scura morto ieri su una spiaggia europea non si trovasse una risposta di solidarietà per quanti dalla pelle scura arrivano oggi su un’altra spiaggia europea oppure muoiono in un mare europeo.Ai bordi della cronaca questi pensieri arrivano non come sassi da lanciare a qualcuno ma come domande inquietanti a una cultura che si dice fondata sulla dignità della persona. Domande che hanno i volti delle persone degli sbarchi di ieri di oggi. Domande rivolte a tutti, in particolare ai giovani perché soprattutto dai giovani si attendono i segnali di un futuro migliore.

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