La parola “immigrazione” non è agevole da maneggiare, da luogo spesso a fraintendimenti, discussioni e rifiuti. Come i termini ad essa strettamente collegabili: “asilo”, “accoglienza”, “integrazione”, “accettazione”, “inserimento”, “risorse”. È bastato qualche anticipazione su come accogliere disperati sfuggiti alle guerre, alle persecuzioni e alla fame per riaccendere gli abituali ragionamenti di ordine pubblico, di ordine sociale, di ordine economico, perché esponenti, anche locali, si riappropriassero di forme verbali e simboliche finalizzate ad accendere sentimenti di preclusione. Senza distinzioni, senza rendere pubblica la diversità dei profughi - dei migranti tradizionali dai richiedenti asilo politico, dei perseguitati religiosi dagli immigrati per ragioni economiche o familiari, dell’obbligo di dare protezione ai richiedenti asilo e ai rifugiati), rappresentanti delle formazioni xenofone o similari hanno agitato la bandiera contro etiopi, eritrei, afghani, siriani, iraniani, iracheni, marocchini, tunisini, sudanesi, kenyani, ugandesi, sudafricani che “portano via” risorse pubbliche alle comunità locali. Una polemica che si ripete dal “mito libico” del respingimento ( accordo peraltro costoso, fissato in 250 milioni di dollari all’anno).Accusata di violare la Carta dei Diritti e di trattamento inumano nei Centri di accoglienza, l’Italia ha dovuto adottare regole per velocizzare la domanda d’asilo, modificare i tempi di identificazione e quelli dell’eventuale rimpatrio, ridurre le lunghe detenzioni immotivate di chi non ha commesso reati ma solo irregolarità amministrative, liberare i pescatori che salvano naufraghi dall’accusa di immigrazione clandestina, eccetera, eccetera. Provvedimenti che hanno modificato sostanzialmente il profilo di quella politica che il Parlamento aveva approvato nel 2002, giudicata “sbagliata e controproducente” dal Consiglio d’Europa, che aveva consegnato all’opinione pubblica l’idea di “pericolosità” degli immigrati e ai rifugiati richiedenti asilo per motivi politici e religiosi, la convinzione d’ essere “marchiati” da una diffusa avversione sociale. Sappiamo perfettamente che non è facile avvicinarsi a un problema che nella realtà presenta situazioni complesse e distinzioni sfumate e mantenere allo stesso tempo uno sguardo d’insieme per una riflessione più generale sulle forme che il fenomeno immigratorio ha assunto. Governi nazionali e locali sono sempre più spesso ostaggio di opinioni pubbliche in cui la componente “anti” (mettiamola così) rende le decisioni lente e faticose. Gli importanti conflitti del Medioriente degli ultimi anni e le rivolte nei Paesi arabi hanno accentuato i percorsi migratori verso l’Europa e quindi verso il “porto” Italia. La crisi economica ha conferito maggiore “evidenza” alla presenza di giovani di provenienza dalle coste africane rispetto a quelli di sponda balcanica e di etnia rom, rafforzando l’idea che ad essa corrisponda una maggiore presenza “dangereuses”.Sullo sfondo degli aspetti territoriali e non, legati alle polemiche sui costi, resta il fatto che in Europa e in Italia manca un aggiornamento concettuale del “diritto d’asilo”. Col quale dovremo in ogni caso fare i conti. Non perché lo impone l’Europa, ma l’articolo 10 comma 3 della Costituzione (“lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese, l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo sul territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”). Legge sull’asilo che finora è sempre mancata e a cui nessuno si è mai fatto carico di rimediare. Tra una quarantina d’anni, la popolazione africana sarà (nonostante le guerre) raddoppiata, da uno a due miliardi di abitanti (previsioni del Fondo monetario internazionale). Non ci vuol molto a prevedere che procurerà una grande pressione demografica sul nostro Paese. Anziché inseguire propositi di bassa natura strumentale, non sarebbe il caso che ci si impegnasse piuttosto a individuare attraverso il dibattito percorsi per un sistema meno squilibrato dell’attuale e togliere terreno ai trafficanti di esseri umani?
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