La Grecia, in paralisi politica, dovrà uscire dall’Euro? E l’Irlanda? E il Portogallo? C’è qualcuno che pone l’interrogativo per la Spagna e, in ultimo, la domanda riguarda anche l’Italia... “Libero” (giornale di estrema…?) scrive (12 maggio) l’invito agli italiani a decidersi per l’uscita; attacca il Governo Monti che fa propri i dettati provenienti dagli organismi sovranazionali dell’Europa, afferma che l’Euro ci affossa, ci porta al fallimento.Dinanzi a tali atteggiamenti viene spontaneo pensare alla storia dell’Europa, e particolarmente a tutti i conflitti militari che hanno insanguinato il continente. Specialmente la prima (1914) e la seconda (1939-1945) guerra mondiale hanno prodotto catastrofi spaventose, con decine di milioni di morti. Sono state soprattutto queste orrende carneficine che hanno indotto tre cristiani cattolici, De Gasperi (italiano), Adenauwer (tedesco), Schumann (francese) a dare il via – all’inizio degli anni 50 – all’unione europea.Un cammino difficile, aspro in certi momenti, contorto, ma che ha conosciuto progressi non da poco, e soprattutto ha fatto si che dal 1945 l’Europa non fosse dilaniata dagli scontri tremendi della prima metà del secolo ventesimo. Non solo, ma è da notare che il progresso economico, civile, sociale e culturale degli Stati, al di là dei sussulti negativi, ha raggiunto traguardi da non sottovalutare.E’ pertanto del tutto irragionevole e persino folle innestare la retromarcia e invitare i popoli a cancellare l’adesione alla moneta unica. E’ fin troppo evidente che il fatto porterebbe con sé il pericolo di un ulteriore sfaldamento delle già deboli istituzioni comunitarie.Logica vuole che si cerchi invece di battere percorsi capaci di rafforzare l’unità del “vecchio continente”. L’Euro dovrebbe essere rafforzato con la creazione di almeno qualche segmento istituzionale che lo governi. Sul piano finanziario principalmente!E’ noto a tutti che la crisi in atto, ha colpito in modo più forte l’Europa. Una delle cause, se non la prima, è da ricercarsi nei gruppi finanziari (in particolare d’oltre Oceano) che dominano i mercati. Sono essi – purtroppo – ad accentuare e spesso a condurre elementi importanti del fenomeno-recessione, a bersagliare le aziende in difficoltà e certe banche, a far impennare lo spread o a spingerlo al ribasso. Sono inaccettabili le ondate speculative con contrattazioni allo scoperto, senza alcun riscontro, senza alcuna tassazione. E’ in questi ambiti che i governanti degli Stati europei, tutti e specialmente dei maggiori, dovrebbero trovare accordi, direttive condivise e, ove necessario, sanzioni intelligenti. Un’Europa unita potrebbe più agevolmente superare la crisi. Un’Europa frammentata non conterebbe più nulla e vedrebbe davanti a sé situazioni sempre peggiori, con il pericolo di tensioni sociali anche molto gravi: ben più gravi dei recenti attentati anarchici e delle incursioni dei NO TAV “no global”.Però il compito di fare l’Europa non può essere affidato solo ai governanti. E’ di tutti! Specialmente di chi crea l’opinione pubblica e il sentire comune come i mass-media, delle organizzazioni e associazioni, dei movimenti sindacali, dei partiti.E la Chiesa….? E le Parrocchie…?Forse è poco percepito il pericolo di una disgregazione europea che certe forze vorrebbero ottenere. Sarebbe una grande tragedia.
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