Negli ultimi mesi, in tutta Europa è emersa una terribile paura: il fulgido sogno dell’Unione europea sta tramutandosi in un incubo?La crisi dell’eurozona è di tipo economico. Tuttavia, i suoi effetti vanno ben oltre l’ambito dell’economia. In tutta Europa, la gente ha perso fiducia nel progetto europeo, che ora viene spesso visto come non democratico e guidato da un’élite. Invece di portare solidarietà tra i popoli europei, le trattative conflittuali sulla crisi del debito dell’eurozona hanno portato sfiducia e discordia. Jerzy Buzek, presidente del Parlamento europeo, ha recentemente avvisato: «I parlamentari europei continuano a dirmi che nel loro elettorato molte persone vedono ora l’Europa come parte del problema e non come parte della soluzione.»Se oggi in tutta Europa si facessero dei referendum sull’appartenenza all’Unione europea, i risultati sarebbero catastrofici per l’Ue. Anche prima della crisi, i trattati integrazionisti sono stati respinti dagli elettorati francesi, olandesi ed irlandesi. In Gran Bretagna, un gruppo di parlamentari euro-scettici sta tentando di indire un referendum sull’uscita dall’Unione europea. I sondaggi di opinione mostrano che la maggioranza degli inglesi vogliono un plebiscito e che quasi la metà vorrebbe uscire del tutto dall’Unione europea.Per molto tempo, l’Irlanda è stata una delle nazioni più saldamente pro-europeiste. Tuttavia, dopo l’attuazione del piano di salvataggio finanziario tra Unione europea e Fondo monetario internazionale dell’anno scorso, sono sorti profondi sospetti. Molti irlandesi ritengono di stare ingiustamente ripagando i cattivi investimenti fatti dalle banche francesi e tedesche che hanno investito circa 74,5 miliardi di euro nel periodo del boom. Da allora, le banche irlandesi sono andate a rotoli. E, tuttavia, oggi ai contribuenti irlandesi è chiesto di pagare il conto degli investitori stranieri.In Francia e in Germania c’è risentimento alla prospettiva di pagare per i peccati finanziari delle nazioni smodate e meno disciplinate. Nel frattempo, molte persone, in Grecia e in Portogallo, provano rabbia per le pressioni esterne a cui sono sottoposte per effettuare tagli agli stipendi e ai servizi pubblici. Sentimenti analoghi stanno emergendo in Italia e in Spagna, anch’esse messe sotto pressione dall’Unione europea perché facciano tagli. Gli stati che non fanno parte dell’eurozona si sentono sempre più esclusi da un’Europa a due velocità.Tutti hanno legittime rimostranze e - ora che si avvicina una recessione dell’eurozona - molti pensano che queste ondate di amarezza e recriminazione non faranno altro che peggiorare. L’economista irlandese David McWilliams ha paragonato la crisi dell’eurozona ad un matrimonio infelice: «La crisi a cui si trova di fronte l’euro è la crisi di un matrimonio senza amore, dove il matrimonio stesso ha amplificato quelle differenze che erano evidenti fin dall’inizio.»Per vari motivi i popoli europei stanno diventando sempre più sospettosi nei confronti dell’Unione europea, in particolare della moneta unica, e l’uno dell’altro. Il risultato è che in tutta Europa sono in corso movimenti di euro-scetticismo, che guadagnano percentuali di voti senza precedenti alle elezioni nazionali.L’argomento più potente che hanno gli euro-scettici è la mancanza di legittimazione democratica dell’Unione europea. In effetti, la stessa Unione ammette da molto tempo di avere al suo interno un «deficit democratico».Molti temono ora che - a causa della crisi dell’euro - l’Unione europea possa tradire il principio del massimo avvicinamento del processo decisionale ai propri cittadini.Alcuni dicono perfino che l’Unione è completamente emarginata da un’asse Parigi-Berlino sempre più potente: Pierre Rousselin, vice editore de «Le Figaro», ha scritto la settimana scorsa: «Berlino e Parigi sono diventati più centrali per l’Europa che Bruxelles, che è ora confinata ad un ruolo più amministrativo».Tuttavia, ben lungi dai corridoi del potere, esiste una specie più profonda di integrazione europea. Molte famiglie comuni, come la mia, hanno ora parenti e amici in tutte le nazioni europee. Nel nostro caso, i miei figli hanno la cittadinanza italiana, irlandese e britannica.Forse è lì che emergerà la vera integrazione: legami di amicizia e di parentela. Quel genere di integrazione che è imposta dall’alto non può che incontrare resistenze. Il genere di unità che viene dalla gente, dal basso, arriverà più lentamente ma sarà più duratura e più democratica.C’è il rischio che, nel pieno di questa crisi, un’élite politica non in contatto con la realtà imponga una radicale centralizzazione del potere, senza adeguato consenso democratico. Se dovesse succedere, si potrebbe verificare una reazione popolare in tutta Europa che potrebbe mandare per sempre in frantumi l’Unione. Il vero rischio per l’Unione europea non è la mancanza di integrazione ma la troppa integrazione, troppo presto.
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