Le tragedie e i giornalisti guardoni

Yara Gambirasio ora dovrebbe riposare in pace. Perlomeno, così ci piace pensare, dopo tutte le intrusioni mediatiche a cui la sua giovane vita è stata sottoposta dal 26 novembre scorso, giorno in cui è misteriosamente scomparsa. Il ritrovamento del suo cadavere – tre mesi dopo - aveva prepotentemente riacceso i riflettori su un delitto le cui cause restano un mistero e di cui manca ancora il nome del colpevole.Gli inquirenti hanno dunque ritenuto di non poter ottenere dal cadavere altre informazioni utili e, per questo, è stato possibile procedere ai funerali. La relativa sobrietà con cui questa vicenda è stata trattata – a confronto con quella dell’omicidio di Sarah Scazzi – fa ben sperare rispetto a una copertura mediatica non invadente e non ficcanaso.Al contrario di Sarah, che amava girare video col telefonino insieme alla cugina o alle amiche e che teneva un diario in cui annotava i suoi pensieri adolescenziali, Yara ha lasciato poche tracce di sé, anche dal punto di vista della sua immagine. Tra queste, un primo piano del volto e una fotografia che la ritrae impegnata in un esercizio di ginnastica artistica, disciplina che praticava con grande impegno e dedizione. Questo suo “basso profilo” – condiviso dai genitori, che fin da subito hanno rifuggito la sovraesposizione mediatica – ha indotto giornalisti e curiosi ad adottare qualche cautela in più rispetto ad altri casi di cronaca nera recente.Ma non siamo sicuri che il voyeurismo mediatico sulla vicenda di Yara sia definitivamente sopito. Bruno Vespa, Alessio Vinci, Salvo Sottile, Federica Sciarelli e gli altri adepti della Setta degli Spioni non aspettano altro che una (presunta) svolta nelle indagini per ricominciare a saccheggiare la vita della ragazza di Brembate con la “delicatezza” che hanno esibito fino a qualche settimana fa.Nessuno di loro si è tirato indietro, quando nelle loro trasmissioni hanno insistito morbosamente sull’entità e la posizione delle coltellate rinvenute sul corpo, sul fatto che l’indumento più intimo della minorenne presentava un taglio da coltello, su quali fossero le condizioni dei vestiti indossati dalla ragazza, sugli indizi che avrebbero dimostrato un’eventuale violenza carnale. E sono sempre pronti a ricominciare.Basta vedere cosa è successo due settimane fa quando l’arresto di Concetta Misseri, zia di Sarah Scazzi, ha nuovamente gettato benzina sul fuoco dei programmi di approfondimento informativo – ma ha senso chiamarli ancora così? – che puntualmente sono tornati a esibire la solita merce cattura-ascolti con presunti esperti, psicologi, criminologi, opinionisti e giornalisti sedicenti “d’assalto”.Questi ultimi, più degli altri professionisti, dovrebbero essere obbligati dalla loro deontologia a seguire un comportamento corretto. L’essenzialità dell’informazione è, insieme alla verità sostanziale dei fatti, un principio fondamentale che impone al giornalista di rispettare sempre la sfera privata delle persone, soprattutto di quelle che sono diventate “pubbliche” soltanto perché vittime di una tragedia o di un fatto di cronaca.La tutela del minore, sancita dalla Carta di Treviso e ribadita dalla Carta dei doveri (ma affermata anche dal Codice di procedura penale), deve sempre prevalere rispetto al diritto di cronaca o di critica. I mezzi d’informazione hanno l’obbligo morale di diffondere le notizie nel pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone, tra cui quello alla riservatezza rientra a pieno titolo.Aggiungere altro è inutile.

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