“Semaforo verde ai lavori per la nuova rotonda di Orio Litta”, annuncia “il Cittadino” in data 8 ottobre u. s., rimarcando la soddisfazione degli amministratori locali per la realizzazione di un’opera che mette in sicurezza un incrocio estremamente pericoloso. Gli automobilisti possono viaggiare sereni, tranquillizza l’assessore alla viabilità Nancy Capezzera, come se gli incidenti fossero causati dai cattivi incroci e non dalla condotta di chi sta alla guida. Da anni si spendono fior di milioni per riqualificare le strade, il Lodigiano è in cima alle classifiche nazionali per la qualità della rete, ma nessuno può affermare che la nostra Provincia sia l’Eden degli automobilisti. Ci si scontra e si muore anche nelle rotonde costruite a regola d’arte.Sul costo totale previsto per l’investimento, pari a 1,5 milioni di euro, mi limito a osservare che, se di incroci pericolosi ce ne fosse uno per comune, la spesa totale prevista per mettere in sicurezza l’intera rete stradale italiana sarebbe all’incirca pari a 12 miliardi di euro. E naturalmente questa cifra da capogiro, in tempi in cui non c’è un centesimo per rilanciare la crescita, suggerisce da sola che molto più saggio sarebbe tenerci gli incroci pericolosi, cercando di guidare con gli occhi bene aperti, e dirottare quello che si può racimolare dalle pieghe del bilancio verso gli investimenti produttivi e l’innovazione. L’Italia farebbe un balzo in avanti in benessere e prosperità e l’automobilista salverebbe la propria vita affidandosi al senso di responsabilità.Più forte è l’impatto della viabilità sull’agricoltura e sull’ambiente. Viaggiare su strade più comode significa sacrificare i campi e distruggere un immenso patrimonio fatto di filari arborei che costeggiano gli antichi tracciati stradali. C’è il rischio concreto che un’attenzione maniacale alle esigenze della mobilità porti al collasso uno degli ecosistemi più pregiati al mondo per il valore biologico e naturalistico. Drammatiche sono, inoltre, le conseguenze sulle aziende agricole che, disponendo di superfici più ridotte per via dei ricorrenti espropri per pubblica utilità ed essendo obbligate a mantenere gli stessi livelli produttivi con l’ausilio di una maggiore intensificazione colturale, vanno incontro all’aumento dei costi unitari e alla marginalizzazione. Questo non significa che, per paura di arrecare danni alle coltivazioni e all’allevamento, bisogna viaggiare su strade strette e dissestate, ma che l’adeguamento della rete deve essere compatibile con un sano sviluppo dell’agricoltura e con la conservazione dell’habitat naturale. Rammento a tale proposito che, nella stessa data, sul quotidiano “la Repubblica” è apparso un accattivante manifesto pubblicitario della regione Lombardia che, sullo sfondo di una infinita distesa di grano dai colori dell’oro, inneggia all’agricoltura che “cambia faccia alla tua vita: ti fa mangiare sano, protegge la qualità dell’ambiente e fa crescere l’economia”. Parole sacrosante. Chiedo al presidente Roberto Formigoni: - Se è vero che l’agricoltura fa tanto bene alla salute e al portafoglio, perché non cominciamo subito a mettere in pratica una seria politica di tutela? Da oggi, diciamo no agli espropri facili e lasciamo che gli agricoltori facciano tranquillamente il loro mestiere producendo il cibo necessario alla vita, senza paura di essere cacciati dalla loro terra per fare posto a una rotonda o a una tangenziale. Solo una politica di rigore può portare a un effettivo risparmio di suoli agricoli, che nel Bel Paese è sempre stato un obiettivo clamorosamente mancato.E questo plateale insuccesso ci mette in forte difficoltà al cospetto dei Paesi europei, se teniamo presente, a titolo di esempio, che la Germania, un tempo bestia nera del cemento, è riuscita in pochi anni ad alleggerire i consumi di suolo: circa undicimila ettari l’anno, a fronte degli oltre duecentomila registrati in Italia!
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