Le stalle a rischio di chiusura

C’è preoccupazione tra gli allevatori di bovini da latte del nostro territorio. A fine mese scade, infatti, l’accordo sottoscritto dalle Organizzazioni Agricole e dalle Aziende di Trasformazione del Gruppo Lactalis, proprietario tra gli altri dei marchi Galbani, Parmalat e Locatelli, accordo che aveva dato certezze sul prezzo del latte conferito ai produttori.Grazie a quanto pattuito – 40,4 centesimi al litro per il quarto trimestre del 2011 e 40,7 centesimi per il primo trimestre del 2012 – le nostre aziende agricole erano riuscite a contenere le perdite ed a continuare ad operare.Ora fra produttori e aziende di trasformazione si riapre la discussione sul prezzo del latte in un periodo decisamente critico per le imprese agricole. Da settembre ad oggi, infatti, i costi complessivi di produzione sono decisamente aumentati, con la prospettiva di nuovi rincari a breve a carico degli imprenditori agricoli.Basti dire che, a causa del ‘caro carburanti’ e dell’introduzione a giugno della nuova Imposta Municipale Unica, l’Imu, il rincaro sul prezzo del latte alla fonte finirà con l’aggirarsi su 1,2 centesimi per ogni litro prodotto.Nel quadro di generale difficoltà economica, inoltre, tra i consumatori sembra prevalere la logica dell’acquisto di ‘prodotti alimentari indifferenziati’, per lo più provenienti da Paesi Europei, che spesso non danno garanzie adeguate di genuinitàAnche per quanto riguarda il grana padano ed il parmigiano, fiore all’occhiello del Made in Italy, si sta riscontrando una diminuzione dei prezzi, dovuta a una eccessiva produzione di forme e a un rallentamento nelle vendite sia in Italia che all’Estero, con una conseguenza immediata quanto mai pericolosa per gli allevatori locali: la riduzione della richiesta di latte da parte dei due Consorzi di Produzione.Dalla Francia e dalla Germania, infine, - malgrado i costi di trasporto - sta arrivando sul nostro mercato latte a basso costo, quasi inferiore nel prezzo anche a quanto gli allevatori francesi e tedeschi riescono a spuntare nei loro stessi Paesi.Il rischio evidente che si sta correndo è che il mercato del latte subisca un deciso appesantimento, con gravi ripercussioni sull’attività produttiva dei nostri allevamenti. Se ai primi di aprile, alla ripresa della contrattazione con le aziende di trasformazione, il prezzo conferito ai produttori di latte dovesse scendere sotto gli attuali 40,7 centesimi al litro c’è il rischio non ipotetico che il tessuto produttivo ed il sistema zootecnico locali finiscano letteralmente a rotoli, con evidenti ripercussioni sulla qualità dei prodotti destinati alle nostre tavole.Per ovviare a questa eventualità occorre, anzitutto, ridare spessore alle Organizzazioni di Prodotto rendendole controparte efficace delle Aziende di Trasformazione nella trattativa che si riaprirà a breve sul prezzo del latte alla stalla.E’ necessario insistere, poi, nei confronti delle Istituzioni per arrivare alla completa ‘tracciabilità’ dei prodotti immessi sul mercato italiano, in modo che il consumatore sia a conoscenza dei luoghi di produzione e trasformazione degli alimenti base, come il latte ed il suo derivato per eccellenza, il formaggio. Si tratta, infine, di adeguare la filiera del latte a quanto prevede l’articolo 62 della Legge sulle Liberalizzazioni che impone il pagamento dei beni deteriorabili come quelli alimentari entro i 30 giorni, dando certezze sia a chi opera all’inizio della filiera, gli allevatori, sia anche alle aziende di trasformazione nei confronti della grande distribuzione organizzata.

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