E’ una bella città. Ma diversa rispetto al passato. Parlo di Codogno, e l’amarezza per una città che non c’è più, per una politica che non c’è più, per un rispetto che non c’è più è certamente comune, oltre che al direttore del Popolo codognese Riboldi (che ha scritto su questi temi a Il Cittadino poco tempo fa), anche a tutti coloro che hanno vissuto la loro giovinezza e maturità in un’Italia, per certi versi altrettanto cattiva di quella attuale, ma certamente più solidale e attenta al bene comune quando gli italiani partecipavano, per il tramite dei partiti, alla politica e alla vita amministrativa delle città come dei piccoli borghi. Codogno è una città diversa perché diverso è il contesto economico e sociale attuale rispetto a quello che noi abbiamo vissuto nella seconda metà del Novecento e nel primo decennio del nuovo secolo. Durante quel periodo la nostra città, grazie all’opera di tutte le Amministrazioni comunali che si erano succedute nel tempo, si era dotata di molte case popolari: sul Foro, davanti al santuario di Caravaggio, in viale della Resistenza, al Villaggio San Biagio. Inoltre aveva dato vita all’Azienda Servizi Municipalizzati per gestire servizi essenziali per la città: la distribuzione del gas e la gestione della relativa rete, la gestione della distribuzione dell’acqua, lo spazzamento e la raccolta dei rifiuti. Aveva poi completato la rete fognaria e si era dotata di una nuova e moderna sede per la Fiera del bestiame. Aveva contribuito economicamente all’insediamento, sulle aree della vicina Fombio, della Montecatini. Si era anche dotata, dopo una lunga controversia, di una farmacia comunale al villaggio San Biagio. Quell’Italia non c’è più, quella Codogno non c’è più. La globalizzazione ha cambiato le regole del gioco in senso più liberista e meno solidale. La crescita economica si è bloccata e non si è in grado di creare nuovo sviluppo e quindi nuova ricchezza da distribuire. Le migrazioni di massa e l’ingresso nella competizione globale di nuovi attori dotati di grandi potenzialità e con manodopera a basso costo hanno sconvolto il mercato del lavoro. La spregiudicatezza del mondo finanziario e le problematiche della finanza pubblica hanno portato la nostra, come molte altre nazioni, sull’orlo del baratro economico finanziario, da cui stiamo cercando di allontanarci con politiche che tentano di ridurre il debito accumulato negli ultimi decenni, attraverso la riduzione dello stato sociale e il contenimento della spesa pubblica. In queste condizioni i Comuni, e Codogno tra questi, hanno margini strettissimi di manovra e, ad esempio, sono vincolati in modo rigido al rispetto del famigerato patto di stabilità che li costringe ogni anno ad accantonare risorse economiche che non possono spendere. E per Codogno in questi anni la cifra è sempre stata attorno al milione di euro! Difficile la discussione sull’idea che Codogno sia più brutta o bella, certo non è più quella che abbiamo conosciuto nel passato: il tunnel della crisi sta avendo pesanti ripercussioni. È sotto gli occhi di tutti quanto sia difficile recuperare le risorse che servono per garantire anche quell’attività ordinaria data per scontata solo qualche anno fa. Di certo, tante cose sono state fatte bene dalla nostra Amministrazione, alcune visibili, altre più nascoste. Detto questo, la critica costruttiva è il sale della politica e della buona amministrazione e noi non ne abbiamo paura. Dal direttore del Popolo codognese Riboldi cogliamo il riconoscimento delle tante potenzialità che sono ancora in ognuno di noi e questi due ultimi anni di mandato dovranno proprio servire a dispiegare fino in fondo tutte le nostre potenzialità.
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