Le orecchie d’asino non le avrei messe

Davvero simpatico e divertente come espediente se non fosse grottesco e non umiliasse nel profondo la dignità dello studente o della studentessa ed insieme quella dei docenti. Vedere in fotografia una classe di giovani a Bangkok, intenti a redigere il compito scritto d’esame indossando orecchie d’asino di carta pendenti fino alle spalle, fa sbellicare dal ridere e indignare profondamente. Un Carnevale fuori stagione? Per la cultura italiana la copiatura non è ritenuta reato ma mancanza di affidabilità, in altri contesti copiare suscita uno scandalo notevole, anche perché sottesa vi è una graduatoria ben precisa: se qualcuno si dimostra migliore di me, a perdere il posto sono io stessa. A me è capitato all’estero di vedere giovani ragazzi tutelare con braccia e mani il loro foglio, a barricarsi per rendersi impenetrabili, d’altronde se lo scopo o la meta è quello di piazzarsi bene in alto, l’atteggiamento è del tutto comprensibile. Mi chiedo: è l’unico modo per verificare se uno studente abbia studiato e, soprattutto, abbia capito e sia entrato nella materia tanto da averla afferrata e magari amata o prediletta? Dove collochiamo il rapporto con l’insegnante? È un cerbero oppure un vigilante, un’occhiuta videocamera, magari celata, che attende solo di prendermi in flagrante? Certo se si studia per arrivismo, per ottenere un diploma e poterlo sventolare, tutto questo fa parte del bagaglio. L’educazione, dalla prima elementare alle aule universitarie, non dovrebbe plasmare persone responsabili, capaci di sostenere un esame? Docenti da una parte, studenti dall’altra, l’incontro dovrebbe condurre all’apertura, al reciproco desiderio di comunicazione. La scoperta di ambiti culturali dovrebbe rappresentare il campo coltivato dell’esperto e il campo che attende il nuovo vigore, di chi potrà divenire, a sua volta, esperto. Ogni trovata che non parta rivolgendosi all’interno della persona è inefficace, come una sorta di cerotto aderente alla pelle sana e di cui ci si libera alla prima occasione. Io, le orecchie d’asino, non le avrei indossate, avrei preteso un esame libero, sereno, non l’indagine su chi, così mascherato, già si propone come un somaro. Sarei stata però eliminata? Quale poi sia la ripercussione sulla vita lavorativa in società per occuparvi il proprio posto, non è difficile immaginarlo: giovani tiranni che inventeranno chissà quale sistema per far sottostare i dipendenti, la vittima introietta infatti il persecutore e lo ripropone. Asini da asino.

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