Le armi, una clientela in crescita

C’è un settore nel mondo che non conosce mai la crisi economica. È quello delle armi. Tra il 2008 e il 2012, gli investimenti sono aumentati in maniera esponenziale: del 30%, per un totale di 73,5 miliardi di dollari. Sarà l’area Asia-Pacifico, nei prossimi anni, ad acquisire il primato delle spese militari: un rapporto dell’agenzia di informazione e consulenza militare Ihs Jane’s, che ha studiato le caratteristiche di 34mila acquisti legati ai programmi di difesa, rileva che entro il 2021 gli investimenti nell’intera area cresceranno del 35%. Rispetto al totale, il budget di spesa militare sarà del 31%, un dato superiore a quello di Stati Uniti e Canada, che si stima raggiungerà il 30%. Nel 2012, impressiona il dato relativo all’India, che per entità di acquisti di armi, è passata dai 3,1 miliardi del 2008 ai 5,3 miliardi del 2012. Un aumento del 70%. Quest’entità di investimenti in armamenti, insieme a quelli, in particolare, di Cina - che aumenterà le spese militari di difesa del 64%, con un investimento pari a 207 miliardi di dollari e che attualmente è il quinto esportatore di armi al mondo dopo Stati Uniti, Russia, Germania e Francia - e Indonesia, che investirà il 113% in più, non è naturalmente senza conseguenze. Cresce rapidamente, in questi Paesi, la presenza di industrie locali di armi, che risponde ad una logica di crescita economica e di sviluppo che non privilegia altri settori della vita sociale e contribuisce invece a consolidare e alimentare i conflitti in atto. Quelli che vedono protagonisti oltre alla Cina, anche il Vietnam, il Giappone, le Filippine e Taiwan, per lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo (petrolio e gas naturali) e per il controllo delle rotte commerciali nel mare cinese orientale. In questo contesto, desta particolare allarme l’aspetto legato agli arsenali nucleari. La relazione del 2013 del Sipri, l’Istituto internazionale di Stoccolma per le ricerche sulla pace, mette in evidenza che Cina, India e Pakistan hanno aumentato i loro arsenali. La Cina ora ha 250 testate nucleari, il Pakistan tra le 100 e le 120, l’India tra le 90 e le 110. La quantità complessiva di testate nucleari nel mondo, nel 2012, si è abbassata soprattutto grazie a Usa e Russia, in seguito al Trattato Start-3 (rispettivamente detengono 8.500 e 7.500 testate), ma i Paesi asiatici non hanno alcuna intenzione di rinunciare ai piani di sviluppo della propria potenza nucleare. Come dimostra il caso dell’India e del Pakistan, dove gli arsenali si trovano nelle vicinanze della linea di confine e che finora non hanno firmato il Trattato di non proliferazione nucleare. Come ha osservato di recente il direttore del Centro per la sicurezza euro-atlantica dell’Università Mgimo presso il Ministero degli esteri russo, Aleksandr Nikitin, i due Paesi “Nei momenti di inasprimento dei loro rapporti, le parti periodicamente interrompono il collegamento della speciale linea telefonica istituita tra gli stati maggiori della difesa dei due paesi, contraddicendo totalmente la logica delle attuali misure di fiducia”. Per quanto riguarda la Cina, la sua strategia è dichiarata nell’ottavo libro bianco sulla difesa, pubblicato nel mese di aprile di quest’anno. “La Cina - si legge nel documento - deve affrontare multiple e complicate minacce alla sicurezza. Alcuni Paesi stanno rafforzando le alleanze militari nell’Asia Pacifico ed espandendo la propria presenza nella regione, contribuendo a rendere la situazione più tesa”. È evidente che ci si riferisce agli Stati Uniti: come ha rilevato il Washington Post all’inizio dell’anno, entro il 2020, il 60% della flotta Usa sarà schierata nel Pacifico. Attualmente, secondo il libro bianco, gli effettivi dell’Esercito popolare di liberazione cinese sono in totale 1,4 milioni. Di questi, 850mila nell’esercito divisi in 18 corpi, 235mila nella marina, 398mila nell’aviazione. Nelle cifre non sono tuttavia conteggiati i ricercatori, le guardie di frontiera e soprattutto gli uomini del Secondo corpo di artiglieria, ai quali spetta il controllo dei missili balistici e le cui dimensioni sono coperte da segreto di Stato.

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