L’arroganza non convince nessuno

Il diritto all’espressione del cittadino per l’affermazione delle proprie convinzioni e la promozione dei propri interessi va salvaguardato come pilastro portante indispensabile di altre libertà democratiche. Anche se ciò si manifesta con modalità e toni connotati da violenza argomentativa come sempre lo è la presunta brutale trasparenza che scivola rapidamente in petizione di disprezzo della qualità delle ragioni e della dignità dell’interlocutore più che delle sue posizioni. A volte, anche, come forma di pura pretesa, ma sostenuta da inoppugnabili pareri di esperti tecnico-gestionali, che si rivelano poi , da oggettivi ed imparziali che dovrebbero essere, invece, il contributo di propri collaboratori (vedi quel “il mio tecnico architetto Samuele Arrighi”).

L’attribuire all’appello dell’ex sindaco Aurelio Ferrari alla difesa del residuo territorio del lodigiano/sudmilano ancora libero da cementificazione da insediamenti di vario genere ed in ispecie logistici(cui il cavalier Silvano Chiapparoli ha già indubbiamente contribuito ed in modo decisivo) la caratteristica di un “attacco” da parte di un incompetente (la citazione del testo di Bartolomeo Giachino, infatti altra finalità non sembra avere, se non quella di squalificare dal punto di vista tecnico il suo estensore) è la prova evidente dell’approccio alla discussione pubblica di una realtà talmente (ma non solo) “locale quanto vitale” che il Cittadino la giudica degna della prima pagina.

Pur cercando di sorvolare il più possibile su alcune vistose “chicche”, quale accuse di “arrogarsi il diritto di minimizzare”... su nuovi posti di lavoro, pur se solo in auspicio di creazione, ciò che rende insopportabile la piccata risposta al suaccennato presunto attacco è il richiamo alla intangibilità della sacralità della condizione di lavoratore, in tempi in cui “tutti noi sappiamo che esiste gente disposta a togliersi la vita per un posto (regolare, in nero?)...”.

La tragedia esistenziale di persone colpite da un destino di precarietà totale proposta come conseguenza minacciata della attenzione (proprio così stravagante ed irresponsabile?) al contenimento del consumo di suolo; tema sul quale, se ce ne fosse ancora bisogno come testimonianza di avveduta sollecitudine verso il nostro futuro se nelle condizioni che si prospettano per esso con l’andazzo in corso, cui quasi tutti (come denunziato nel libro bianco del Lodigiano) han dato colpevolmente il loro contributio: istituzioni ed imprenditori, rappresentanti di categoria e politici; e non da ultimi, anche i singoli privati venditori cui l’offerta di cederli per destinarli a pasto della onnipresente salvifica Betoniera i propri terreni agricoli, ereditati magari da generazioni, acquista un’attrattiva irresistibile, quasi da speculatore compulsivo.

L’arrogarsi l’esclusiva del competente e del king-maker esclusivo sui temi produttivi di competenza, anche se condizionano le prospettive di sviluppo e marcano indelebilmente l’identità di un ambiente, è scusabile se determinata dalla passione scatenata dagli “animal spirits” dell’imprenditore. Ma non a prezzo di argomenti quali la irrinunciabile ricerca di efficienza produttiva attraverso infrastrutture di ogni genere e dimensione, e la petizione di innocenza per indistinguibilità fra tutti coloro che han causato effetti che si conviene siano stati pesanti sul nostro territorio (si parla, ed a ragione, di “scempio”), per rendersi e proporsi, così mimetizzato in tanta buona compagnia, solo come un potenziale, e forse provvidenziale, benefattore fra i tanti che altro non possono fare che rompere le uova, se di frittate c’è un disperato bisogno.

Alcune delle denunzie mosse agli amministratori che hanno localizzato opere pubbliche su terreni vergini di edilizia e non su areee dismesse, in spregio al principio della salvaguardia e tutela dell’ambiente agricolo sono ineccepibili.

Ma, per chi da lungo tempo cerca di rendere le problematiche della destinazione socio-economica ed ambientale anche del Lodigiano una responsabilità da mantenere ben vigile ed attiva in tutti i cittadini e non questione riservata agli addetti ai lavori, la posizione del cavaliere della logistica Silvano Chiapparoli proprio non risulta convincente nei contenuti delle proposte; né, tantomeno, accettabile nello stile.

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