L’antipolitica mia è meglio della tua...

Quanto di corruzione e quanto di abitudine è all’origine dell’antipolitica? Se fosse un composto chimico, sarebbe facile scoprirlo. Ma si tratta di un’entità immateriale, sentore diffuso che si manifesta senza regole costanti. C’è una corruzione effettiva, che ogni tanto la magistratura scopre nei comportamenti, e c’è una corruzione percepita, che si sintetizza nella convinzione comune che «tanto sono tutti uguali». E siccome l’uguaglianza nel peggio riguarda sempre, nel giudizio popolare, coloro che esercitano il potere, ecco dunque configurarsi la situazione che dà luogo a quella che si definisce “antipolitica”. Che è riflesso stabilizzato di un’indignazione incontenibile e anche, nella valutazione soggettiva, non rimediabile sul terreno della razionalità. Se il sillogismo regge, se ne può dedurre che l’antipolitica altro non è che il rifiuto della razionalità?L’Italia, come ha ricordato il presidente della repubblica, si è confrontata a varie riprese con il sentimento antipolitico. Oggi fanno notizia i successi ma anche la radicalità di un Grillo, che vorrebbe instaurare un… processo di Norimberga per tutto il ceto dirigente. Ma subito insorge Pannella, per il quale l’intera storia della repubblica è marcata dall’illegalità, a rivendicare una primogenitura in materia. Si scatena, insomma, una singolare concorrenza: l’antipolitica mia è meglio della tua.Dei precedenti conviene comunque parlare. Molti oggi ricordano quello di un altro uomo di teatro, il commediografo Guglielmo Giannini, che raccolse molti voti alla Costituente in nome dell’Uomo Qualunque. Si schierò contro i partiti antifascisti, tutti additandoli al ludibrio delle masse perché corrotti e affamatori del contribuente. In realtà pescava nel bacino del residuo consenso fascista, che solo più tardi avrebbe trovato espressione nel Msi di Almirante.L’antipolitica s’è poi manifestata anche in giorni più vicini. Il movimento leghista delle origini ha scaricato tutta l’energia su un solo bersaglio: la “Roma ladrona”, intesa come compendio di tutti i mali, ai quali avrebbe posto ri-medio l’intemerata propulsione moralizzatrice del Nord (poi s’è visto com’è finita). Ma una manifestazione rilevante e durevole di antipolitica s’è avuta anche in tutto il lungo itinerario del berlusconismo: lo spirito dell’impresa era infatti sorretto da un rifiuto radicale delle strutture della mediazione politica. I cittadini, ebbe a dire il leader nel 1994, «debbono liberarsi dell’illusione che i nostri rappresentanti politici non abuseranno mai del loro potere». E scatenò la sua potenza contro tutti i partiti (mentre ne stava facendo uno) e contro lo stato avversario, creando (irrazionalmente) l’attesa di una diminuzione della pressione fiscale al 35% in dieci anni oltre che, passaggio famoso, del «milione di posti di lavoro».Oggi tutti i partiti tuonano contro l’antipolitica. Ma spesso ignorano che l’antipolitica ha già prosperato, nell’ultimo ventennio. La pretesa di suscitare nel popolo l’attesa del prodigio, unita al culto della personalità, ha dirottato tante energie dalla ragione e dalla responsabilità dell’impegno civile, inducendo il miraggio delle soluzioni semplificate («ghe pensi mi»), in un habitat di sovrapposizione del privato al pubblico.Se tutto questo è accaduto, il confronto con l’antipolitica non si vince se ci si limita all’esecrazione polemica o alla predisposizione di interventi pur necessari, come il contrasto alla corruzione e il contenimento della spesa per la politica. Lo sforzo decisivo consiste nel riabilitare le categorie del discernimento etico-politico, in modo che sia chiaro a tutti ciò che è meglio e ciò che è peggio nella gestione della cosa pubblica, e si recuperi la distinzione tra ciò che si colloca nel mio orizzonte individuale e ciò che concerne l’insieme della comunità nei suoi valori di convivenza. Noi cattolici lo chiamiamo “bene comune”, e ne forniamo alcune coordinate essenziali.Ma l’impresa, se vuol essere tentata, ha bisogno di un’analisi anche autocritica. E di una credibilità che corrisponda alla sfida.

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