L’ambiente non si difende solo a Parigi

I dati sono davvero molto preoccupanti. Sono stati diffusi lunedì dall’Aea, l’Agenzia europea dell’ambiente. Vi si legge che in Italia nel 2012 sono stati 59.500 i decessi prematuri che vengono attribuiti al particolato fine (PM 2.5), 3.300 all’ozono (O3) e 21.600 al biossido di azoto (NO2). L’Italia è al primo posto in Europa per le persone decedute a causa del biossido di azoto, quello proveniente dagli scarichi delle auto, in particolare dai veicoli diesel (siete mai stati fermi in coda a un semaforo rosso, dietro a un pullman o a un trattore? Non vi ha mai investito una nube tossica quando il mezzo è ripartito con l’arrivo del verde?). La classifica dei tragici primati italiani non si ferma qui. Siamo primi in Europa anche per l’ozono. E sulle polveri sottili, emesse anche dalla combustione delle biomasse, condividiamo la prima posizione con la Germania. Abitare in Pianura Padana non è una pacchia. È vero che, quanto a PM10, Frosinone - con 110 giorni di superamento del limite prescritto per legge - guida la triste classifica di Legambiente pubblicata il 31 gennaio 2015 sui capoluoghi più inquinati nel 2014. È vero che dopo Frosinone al secondo posto c’è Alessandria (86), seguita da Benevento, Vicenza e Torino con 77 giorni. Ma, udite udite, è anche vero che Lodi e Cremona sono piazzate comunque ai primi posti, perché qui abbiamo toccato i 72 giorni oltre i limiti. Seguono, dietro a noi, Avellino (69), Milano (68), Venezia e Asti (66). Se poi diamo un’occhiata a quante volte sono stati registrati superamenti oltre la soglia consentita dei 35 giorni l’anno, Frosinone - si legge - supera il limite di tre volte, Alessandria di due volte e mezza. Lodi e Cremona (con Benevento, Vicenza e Torino), sono oltre il doppio dei giorni consentiti, mentre Avellino, Milano, Venezia e Asti non lo doppiano per poco. E noi vivremmo nell’aria pura...? Ricordiamo che lo smog comporta pesanti ricadute sui costi ospedalieri, sulla perdita delle giornate di lavoro, sui problemi di salute, sui danni agli edifici. Ed è ovviamente causa di un’inferiore resa nei raccolti in agricoltura. Scriviamo da almeno quindici anni che il Lodigiano – come il Sudmilano – si trova ai primi posti in Italia dove si muore maggiormente a causa delle malattie tumorali. È un record di cui faremmo volentieri a meno, sul quale finora sono state spese tante chiacchiere. Solo chiacchiere. I numeri lodigiani sono impressionanti ma non siamo soli perché coinvolgono gran parte delle città disseminate nella Pianura Padana.La conferenza internazionale sul clima che si sta svolgendo in questi giorni a Parigi non è dunque qualcosa che riguarda città inquinatissime lontane millemiglia come Pechino, ma coinvolge direttamente anche il territorio nel quale viviamo. Coinvolge i nostri paesi, sempre più inquinati. L’inquinamento incide sulla nostra salute, accorcia la durata della nostra vita, penetra nelle nostre abitazioni ed è parte integrante della nostra esistenza.Eppure nessuno sembra accorgersene. Chi ne parla?Ci sono tuttora tantissimi di noi che trattano l’ambiente come se ne fossero i signori e padroni incontrastati. Le nostre campagne pullulano di discariche. I viottoli dei campi vengono percorsi spesso da suv eleganti o da camioncini arrugginiti i cui conducenti scaricano nottetempo di tutto: dalle lastre di eternit alle pelli di coniglio, dai sanitari agli elettrodomestici inutilizzabili. C’è chi si disfa del sacco contenente le bottiglie di plastica gettandolo dentro i corsi d’acqua. E sullo stesso piano ci mettiamo coloro che, alla faccia della raccolta differenziata – che ovunque funziona, e funziona bene! – scaraventano l’immondizia ai piedi dei cassonetti, o che nelle città si divertono a riempire con il sacchetto della loro sporcizia i bidoncini dislocati lungo i muri, che dovrebbero essere destinati solo alla cartastraccia. E poi quando vengono multati, dichiarano: “Non lo sapevo...”.L’unica fonte di ossigeno che possediamo, che è gratis, e senza la quale non potremmo respirare più, ci è fornita dagli alberi. Ma che fine hanno fatto gli alberi? Tagliati. Uno dopo l’altro. Che fine hanno fatto i boschi? Come sono conciati i pochi rimasti in piedi? La “piantata lodigiana” che caratterizzava i nostri campi, che correva lungo le rive, non esiste più da cinquant’anni. Il problema è che senza alberi non c’è ossigeno. I sindaci incomincino a piantare sui viali dei loro centri abitati non i ciliegi nani, ma le querce, e le facciano crescere rigogliose, e alte, e se ne facciano un baffo di tutti quei cittadini che protestano perché gli alberi producono le foglie, che in autunno cadono a terra (di cosa li vogliamo, gli alberi? Con le foglie di plastica? E poi con cosa respiriamo?). E la smettano di incaricare, per la cura del verde pubblico, quelle imprese che invece di potare gli alberi usando i forbicioni, fanno rombare le motoseghe.Difesa dell’ambiente significa anche non utilizzare l’acqua dei fiumi – che è di tutti – per ingrossare il proprio portafoglio. Dove ci porterà l’interesse di pochi privati che vorrebbero erigere dighe da una sponda all’altra dell’Adda con l’unico scopo di ricavare elettricità da vendere all’Enel e trarne giovamento personale? E che dire di chi ha fornito le prime autorizzazioni per i megadepositi di gas sotterraneo e adesso fa finta di non non ricordarselo più? Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.Nel frattempo le istituzioni della nostra terra inizino a mettere al primo posto tutto ciò che riguarda l’ambiente, la sua difesa e la sua promozione. Il nostro futuro passa di lì, e di lì soltanto. Quanti alberi sono stati piantati per ogni bambino che è nato nel Lodigiano e nel Sudmilano? Quanti di quegli alberi sono diventati adulti? Quanti – una volta utilizzati per la cerimonia di piantumazione alla quale sono stati chiamati fotografi e giornalisti – sono stati poi irrigati in estate? Li abbiamo fatti morire quasi tutti. Di sete.

© RIPRODUZIONE RISERVATA