L’agricoltura e la ripresa economica

Nel primo trimestre 2011 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati all’anno di riferimento 2000, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,1% sul trimestre precedente (ottobre-dicembre 2010) e dell’1% rispetto al primo trimestre del 2010. Questo valore si confronta con il + 0,8% del trimestre precedente e il + 4,8% su base annua della Germania. In termini calcistici la Germania batte l’Italia 4 a 1.Un ulteriore conferma che la ripresa dell’Italia è collegata a quanto succede in Germania unica “locomotiva” dell’Unione Europea. I prossimi dati, quelli definitivi, saranno diffusi il 5 giugno prossimo e forniranno i dettagli sui consumi, sugli investimenti e su come i diversi settori e la bilancia commerciale hanno influito sulla crescita del Pil. In questo comunicato l’Istat si limita ad aggiungere che il risultato congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto dell’agricoltura e di una sostanziale stazionarietà dell’industria e dei servizi. L’agricoltura rappresenta quindi il settore trainante dell’economia e ciò succede da più anni a questa parte. Proviamo a dare di seguito alcune spiegazioni su questo fenomeno particolare di cui si trova traccia anche nelle statistiche sull’occupazione che segnalano da qualche tempo un aumento degli occupati in agricoltura.I motivi principali sono tre e precisamente: una diminuzione dei sussidi europei sulle produzioni che responsabilizza gli agricoltori, un alto tasso d’innovazione presente sulle produzioni collegate alla nuova domanda presente sul mercato, al combinarsi in modo ottimale di fattori produttivi con la cultura italiana che riscontra successi in tutto il mondo.L’agricoltura in Italia a partire dall’unità d’Italia è stata sempre fortemente sussidiata dallo Stato che con una serie di meccanismi ha sempre indirizzato le colture. Più che alla vocazione tipica del territorio le produzioni sono state decise dal potere pubblico per coprire interessi particolari. Nel 1870 i dazi sul grano favorivano le grandi proprietà terriere (la rendita fondiaria) a scapito di un’agricoltura intensiva, dove assume più forza contrattuale il lavoro. L’autarchia di mussoliniana memoria che terminò con “la battaglia del grano” penalizzò ulteriormente l’agricoltura italiana. Ai nostri giorni come non ricordare l’esempio recente dei sussidi al latte dell’Unione Europea che favoriscono la quantità della produzione rispetto alla qualità. La diminuzione dei sussidi quantitativi operata dall’Unione Europea ha prodotto diversi effetti positivi:- ha stimolato la produzione qualitativa quella basata sul marchio Italia che promuove le esportazioni e la qualità del prodotto con prezzi unitari più elevati;- ha avvicinato all’agricoltura gli innovatori a scapito dei conservatori abituati a vivere dei sussidi pubblici.Permane un’area che continua a vivere pesantemente dei sussidi che è quella dei pannelli solari che incide sull’aumento del valore aggiunto in agricoltura, ma a fianco di questa vi sono le nuove produzioni sulle bio masse che utilizzano prodotti di scarto dell’agricoltura o coltivazioni povere che crescano naturalmente (il sottobosco, le canne lungo i fossi).Un altro stimolo alla produzione giunge dalla “nuova domanda” che giunge dal mercato una domanda salutista che chiede produzioni particolari, si pensi ad esempio alla sostituzione della pasta di grano duro con quella di farro, al biologico, alla moltitudine di vini e formaggi collegati ai territori. Una qualità che valorizza il paese Italia povero di materie prime ma ricco di qualità che derivano dalla cultura e tradizione. Tutti fenomeni che aumentano l’importanza delle competenze delle persone a scapito della rendita fondiaria. L’agricoltura di oggi è un esempio di come il capitale umano è più importante del capitale finanziario e di come l’innovazione può scalfire rendite di posizione secolari. Ciò che occorre all’Italia per riprendere il sentiero di crescita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA