Proprio a ridosso della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo, il 13 marzo ho avuto l’importante opportunità di intervenire all’incontro internazionale delle Autorità locali di Aubagne in preparazione del Forum Mondiale Alternativo dell’Acqua tenutosi a Marsiglia. Ho ribadito che l’Italia deve attuare il risultato dei referendum del giugno 2011 per la gestione pubblica del servizio idrico. Assistiamo invece ad un pesante attacco contro quel risultato e contro la democrazia.I Governi che si sono succeduti hanno promosso leggi tese a una privatizzazione selvaggia dei servizi pubblici locali coerente con il taglio a pensioni, salari ed enti locali, aggiungendo alla crisi economica una crisi sociale pesantissima.Confindustria, banche e finanza puntano a far bottino del patrimonio pubblico senza pagare dazio. La Cassa Depositi e Prestiti non finanzia il sistema idrico, ma obbedisce alle richieste di finanziare autostrade private che devastano l’ambiente, inchinandosi a politiche di cementificazione totale.Regione Lombardia, nel pantano della corruzione, non esita a fregarsene del referendum e delle sentenze della Corte Costituzionale che bocciano lo spezzatino di aziende perpetrato nel settore pubblico, con annessa moltiplicazione di poltrone.Le grandi città del nord e del centro Italia, anziché costituire subito società pubbliche uniche che rafforzino il servizio pubblico con tariffe eque, favorendo la buona occupazione, gli investimenti e l’utilizzo delle nuove tecnologie, sono abbagliate dalla chimera della grande multiutility del nord. Senza progetto industriale, l’obiettivo vero è quello di spalmare sull’insieme delle comunità i grandi debiti accumulati da una parte delle società quotate in borsa.Alla luce dell’esempio molto positivo della ripubblicizzazione dell’acqua avvenuta a Parigi, gli obiettivi sempre più urgenti e non rinviabili rimangono: 1) adeguare rapidamente le legislazioni agli esiti referendari, ottemperando alle decisioni della Corte Costituzionale in materia idrica; 2) considerare stella polare della nostra iniziativa in Italia gli articoli 1, 41, 42 e 43 della Costituzione della Repubblica, che si riferiscono al diritto al lavoro, alla regolazione della proprietà pubblica e privata e alla rilevanza dei servizi pubblici locali; 3) puntare a buoni esempi di politica industriale e sociale del servizio idrico integrato, ad esempio, a Milano (sperimentando l’area metropolitana dell’acqua e l’unificazione tra capoluogo e provincia), in Lombardia, in Veneto, in Piemonte, in Emilia-Romagna, in Puglia e a Napoli; 4) modificare gli ATO (ambiti territoriali ottimali) con la partecipazione di tutti i comuni di ogni provincia (nessuno escluso, capoluogo o piccolo comune) e anche di più province confinanti per delineare un ambito idrografico e non troppo piccolo e burocratico; 5) revocare le delibere delle Conferenze d’Ambito “obbligate” alla privatizzazione; 6) accorpare tutte le società di ogni ambito in una società unica di diritto pubblico, nella massima trasparenza che deve caratterizzazione anche la definizione delle tariffe; 7) deliberare nei consigli comunali, provinciali e regionali le modifiche degli statuti per affermare che l’acqua è un bene comune e non un bene di natura economica; 8) proseguire nella promozione dell’utilizzo dell’acqua potabile negli uffici, nelle scuole e nelle città con la rete delle fontanelle e della casette ad hoc; 9) studiare rapidamente le forme di partecipazione della cittadinanza alla gestione dell’acqua e nuove relazioni con le lavoratrici, i lavoratori e le organizzazioni sindacali. Nelle realtà territoriali bisogna attuare i referendum. Il nuovo metodo tariffario deve lasciare spazio ad un riordino generale da parte delle istituzioni competenti dello Stato, atteso dal 1996. L’applicazione di una riduzione del 7% sui consumi primari (50 litri procapite/giorno o quanto convenuto) è praticabile e in sintonia con la campagna di “obbedienza civile” lanciata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua Pubblica. Dal punto di una visione pubblica ancorata all’interesse generale, gli aumenti e le penalizzazioni vanno applicate sugli sprechi e gli alti consumi, favorendo politiche di utilizzo razionale delle acque in ogni territorio. Il controllo totalmente pubblico del servizio idrico può contribuire a una sana pianificazione dell’uso del suolo contrastando, sulla base della sostenibilità, cementificazioni che alterano irreversibilmente e negativamente lo stato territoriale, l’approvvigionamento e lo smaltimento idrico.Da agosto 2011, con apposita interrogazione, ho chiesto al Presidente Podestà di attuare, per quanto di competenza della Provincia di Milano, gli obblighi derivanti dal referendum. Il 1° marzo 2012, dopo ripetute richieste verbali, ho sollecitato ancora una volta una risposta formale con una nuova interrogazione.La risposta gattopardesca è arrivata il 13 marzo 2012 con l’approvazione di due delibere della Giunta targata PDL-Lega: “Adozione delle linee di indirizzo per l’organizzazione del servizio idrico integrato nell’ATO della Provincia di Milano” e “Costituzione dell’Azienda Speciale Ufficio d’Ambito della Provincia di Milano”, facendosi un baffo dell’intero Consiglio provinciale che aveva invece avuto rassicurazioni che sul tema sarebbe stato coinvolto preliminarmente. Podestà e la sua Giunta proseguono nel segno delle consulenze e degli sprechi aggravando i problemi e accentuando la subordinazione a Regione Lombardia e al Governo. Le Commissioni consiliari hanno iniziato il loro lavoro solo il 21 marzo scorso con un primo aggiornamento al 28/3. Mi auguro che, pur con gravissimo ritardo, si voglia perseguire con correttezza la strada delle aggregazioni e del servizio pubblico da parte dell’Amministrazione provinciale di Milano. Insieme a movimenti, comitati, enti locali e persone, continueremo a batterci per l’acqua bene comune dell’umanità, per un diritto fondamentale di cittadinanza che dobbiamo conquistare ogni giorno. Questo lo dobbiamo alle generazioni che verranno e ad un mondo che vogliamo più giusto e senza guerre, anche con la costruzione di tanti pozzi frutto di cooperazione, solidarietà e competenze effettive, in relazione concreta con le decisioni dell’Onu per l’acqua diritto universale, approvate nel 2011.
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