L’occasione della celebrazione dei 150 anni, parte da un percorso molto lontano. Ben più lontano del 17 marzo 1861. Un percorso che ha inizio molti anni prima, nato da esigenze storiche, politiche *presidente della Provincia di Lodi e religiose di epoche passate che hanno rappresentato la nostra storia e costituito le nostre basi culturali, ancora oggi ben vive e presenti in tutti noi e nella nostra comunità territoriale. Spero sia solo una impressione, ma molte discussioni (non certamente lodigiane ma di più ampia ribalta) sulla giornata odierna sembrano strumentali per dare un significato a questa giornata contro chi oggi parla di necessità di mutamenti costituzionali in chiave federalista. In questi giorni mi sono posto più volte l’interrogativo su cosa rappresenti questa ricorrenza, quale significato debba avere questa ricorrenza. Solo una festa? Solo una ricorrenza? Mi chiedo, faremmo del bene oggi al Paese se limitassimo questa giornata solo come mera festività senza anche porsi l’interrogativo su cosa debba essere questa Italia, su come dovrà essere questo stato. Anzi, forse questa giornata rappresenta una situazione unica, formidabile anche per fare il punto della situazione. Quando nel 1911 vennero festeggiati i 50 anni di unità, l’Italia in mezzo a mille difficoltà e povertà vedeva il nascere di industrie quali l’Ansaldo e la FIAT, una grande stabilità politica, con una prospettiva di sviluppo di quel tipo di industria pesante, per la prima volta veniva concesso nel voto il suffragio universale maschile, le celebrazioni si sono svolte a Torino con una rassegna sull’industria meccanica. L’Italia voleva contare di più. Nel 1961 al centenario, il Paese uscito dal conflitto bellico si trovava nel mezzo del boom economico, il PIL al 9,2%, le prime utilitarie con la grande diffusione delle 500, la radio, le prime televisioni, la nascita della TV di stato, lo sport più diffuso era il ciclismo: il rimboccarsi le maniche, un’idea di fatica per emergere, i primi sentori di benessere. Oggi? Dopo 150 anni di unità, come ci immaginiamo l’Italia nei prossimi 50 anni? Come vogliamo che questo stato sarà? In quale realtà vogliamo che crescano i nostri figli? Che risposte vogliamo dare ai problemi di oggi? Che idea abbiamo dell’Italia di domani? Porsi questo interrogativo oggi, significa forse porre in discussione l’unità di questo stato? Dire che questa giornata, che questa festa, non sia solo retorica ma anche riflessione sui problemi di oggi e sulle sfide che il Paese dovrà affrontare domani, significa voler porre in discussione l’unità di questo stato? La crisi economica storica che stiamo vivendo, crisi che segna comunque un punto di non ritorno circa i modelli di sviluppo non più percorribili, la concorrenza di paesi storicamente poveri come la Cina e l’India che stanno diventando giganti economici, la globalizzazione economica, un Nord del paese che ha sempre fatto da traino all’economia italiana e ha fortemente sostenuto questo stato ma che, oramai, in queste condizioni non è più in grado di assolvere a questa funzione, la disparità di trattamento tra enti locali dove quelli del nord vedono ritornarsi pochissimo rispetto a quanto versato dai propri allo stato centrale come tassazione e non ce la fanno più a rispondere alle esigenze dei propri concittadini in termini di servizi e di manutenzione e investimenti nelle strade, nelle scuole, nelle altre strutture; un costo del lavoro altissimo, la crisi di natalità, le difficoltà delle giovani coppie, le difficoltà al risparmio (il vero investimento dei lavoratori), l’ingente debito pubblico di questo stato tra i più alti al mondo. Davanti a questi problemi quotidiani e reali, che risposte possiamo o vogliamo dare? Oggi ricordiamo i 150 anni ma al di là della giusta retorica, ritengo non solo lecito ma anche doveroso porsi queste domande senza per questo dover essere accusati di essere detrattori del sentimento nazionale. Anzi, porsi questi interrogativi in maniera costruttiva, cioè per costruire,migliorare e rsiovere, non è forse il modo migliore per celebrare questa ricorrenza? Perché domani la festa passa ma i problemi restano. E oggi, paradosso della storia, quella che appare la sfida più rilevante , la risposta più concreta alle problematiche sociali, è la sfida federalista: sfida federalista fortemente rilanciata dalla recente approvazione della normativa in materia fiscale, sfida federalista che non è nuova, che non è un’invenzione di questi ultimi anni o di una parte ma anzi il compimento dell’originario disegno che perseguivano tanti padri risorgimentali quali Cattaneo, Cavour, Gioberti e Rosmini,o grandi figure più recenti come Piero Calamandrei e Don Luigi Sturzo, figure, che troppo spesso vengono dimenticate ma che mai come oggi ritornano attuali quali precursori di moderni pensieri volti ad una concreata revisione dei processi costituzionali, che valorizzino le reali esigenze territoriali ed autonomiste delle nostre comunità, con nuovi apparati dotati di moderne autonomie amministrative e legislative, al pari dei più moderni Stati europei e delle economie più industrializzate, come Stati Uniti, Germania, Austria, Svizzera e oggi nei nuovi processi di cambiamento e trasformazione recepiti anche da Regno Unito e Spagna. Anzi, questa ricorrenza dei 150 anni appare quanto mai attuale perché oggi al centro dell’agenda e del dibattito ci sono quegli stessi interrogativi che quei padri risorgimentali si erano già posti e il mancato accoglimento di quelle posizioni non ha eliminato il problema ma a distanza di 150 anni appunto, lo ha riproposto in forma ancora più forte perché i tempi e le economie sono cambiate. La ricchezza di questo Stato sta nella straordinaria cultura, nella peculiarità, nell’originalità dei propri territori e delle popolazioni che li abitano. E da questo punto di vista il lodigiano non è secondo a nessuno. Le differenze di culture, di tradizioni sono una ricchezza e non un pericolo da sradicare. E’ solo in questa direzione, anteponendo la volontà di ritornare ad essere veri protagonisti in Europa e nel mondo, affrontando e risolvendo i problemi e non nascondendoli o facendo finta di nulla, che le nostre comunità, il nostro lodigiano, l’Italia e tutti noi, riusciremo a ritornare grandi protagonisti, garantendo al nostro popolo ed ai nostri figli, una nuova stagione di speranza, di giustizia e di nuova crescita economica. Chiedere che la giornata odierna sia anche momento di riflessione sui mai risolti problemi di questo Stato, problemi che si stanno aggravando e che pesano ogni giorno di più, chiedersi come vogliamo che questo Paese sarà domani, interrogarsi sui problemi di oggi senza retoriche, significa voler vincere le sfide di oggi e di domani per costruire qualcosa di migliore ed è forse il regalo migliore che nella giornata di oggi possiamo fare all’Italia, alla nostra terra lodigiana, a chiunque abiti questi territori e alle generazioni future.
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